Oramai i supergruppi non costituiscono più un'anomalia e di sicuro Frontiers si crogiola, da anni, nel merito di coagulare all'interno del proprio roster musicisti di vaglia guidati da un fine comune: suonare insieme non tanto per motivazioni d'agenda, quanto per seguire un'enorme passione, infischiandosene di critiche e polemiche. E così Tim "Ripper" Owens, Chris Caffery, Steve Di Giorgio e Mark Zonder, non gli ultimi arrivati, uniscono le forze e la creatura Spirits Of Fire acquista corpo e sostanza: certo, il disco d'esordio omonimo ricorda a tratti le soluzioni delle band di provenienza dei quattro illustri musicisti, dai Judas Priest di "Painkiller" e "Jugulator", alle complesse architetture degli ultimi Savatage, dalla potenza e dal gusto melodico dei Testament al peculiare prog dei Fates Warning, ma non bisogna pensare a una copia carbone degli act succitati. L'album, infatti, picchia duro e con classe, non mostra troppi cali di tensione, appare adatto a performance live di grande livello empatico: in una parola, un debutto col botto.
La voce di Owens, in ottima forma, sembra aver finalmente trovato il posto giusto per esprimersi al massimo: d'altronde, non sono molti i vocalist capaci di avvicinare lo stile caratteristico e inimitabile di Ronnie James Dio senza cadere nella trappola di gridolini da teenager o biascicando, al contrario, grugniti irriconoscibili. L'abilità di Caffery, poi, nell'associare riff orecchiabili ad assoli fulminei permette all'ascoltatore di sprofondare in uno stato di entusiastica soggezione. Il dinamico e sinistro speed/thrash di "Light Speed Marching", il groove di "Temple Of The Soul", pezzo a cui, per essere perfetto, manca soltanto la partecipazione straordinaria di Chuck Billy, i riff maestosi e i cori scoppiettanti della title track, le movenze paludose di "A Game", gli stop and go di "Never To Return", rappresentano un eccellente biglietto da visita da sciorinare con la sicumera del miglior metallo fumante. Prima che la drammatica "The Path" e il taglio cupo e dolente di "Alone In The Darkness" tinteggino di nero un lavoro intenso, massiccio, strutturato.
Alla fine della fiera, gli Spirits Of Fire danno l'idea (giusta) di un possente monolite heavy metal da prendere sul serio e, sebbene qualche brano si atteggi a pallido simulacro di gradevole sferzata, il talento dei nostri nell'imbastire un songwriting di qualità intarsiando con efficacia i vari pedigree e influenze lascia a bocca aperta. Il fuoco non si spegne, mai.