Sin dai primissimi esordi con i Sepultura ("Beneath The Remains", "Schizophrenia"), fino a "Psychosis" dei Cavalera Conspiracy, la dimensione mistico-tribale ha da sempre rappresentato la più grande passione di Max Cavalera. Come ci ha raccontato nella nostra intervista, "Ritual" non sarebbe altro che l'eredità di tale viaggio intrapreso molti anni prima con "Roots", rivisitato e reinterpretato alla luce di una nuova tendenza extreme metal a cui il nuovo lavoro della band si affaccia senza alcun timore. E chi ha avuto l'occasione di assistere a qualche concerto dei fratelli di Belo Horizonte, si sarà sicuramente lasciato trasportare da un tipo di atmosfera rituale in grado di stregare a suon di berimbau e drumming tribale. "Ritual" rappresenta certamente un ponte con il passato, cercando però di spingersi verso un sound più moderno e innovativo. Su questa linea, risultano evidenti le influenze di Motorhead, High On Fire e di un tipo di metal underground come Immortal, Genocide Pact, Hour Of Penance e Order Of Apollyon. L'album nasce dall'unione di tante menti e idee, prime fra tutte quella di Max Cavalera e del produttore John Wilbur, da sempre fan numero uno dei Soulfly. Come una sfida, il gruppo si è buttato a capofitto in questo nuovo progetto che si sgancia dal cono d'ombra di "Psychosis" per conquistare ancora una volta la propria tribù. Numerose e notevoli sono state inoltre le collaborazioni all'album determinandone, dalla prima all'ultima traccia, diverse sonorità e sfaccettature. E' il caso di "Under Rapture" con Ross Dolan degli Immolation o di "Dead Behind The Eyes" che vede la partecipazione di Randy Blythe dei Lamb Of God. Ma addentriamoci nelle profondità di questo concept e lasciamo che il rituale abbia inizio.
L'omonima traccia di apertura dell'album inaugura con l'ormai rinomato growl di Max Cavalera accompagnato dai potenti riff heavy metal di Mark Rizzo, la tendenza più extreme a cui i Soulfly si approcciano in questo lavoro. Segue "Dead Behind The Eyes", ispirata al personaggio Cenobyte del film Hellraiser (1987), la cui origine risale ad una leggenda del 1700 secondo cui alcune popolazioni provenienti dalla Grecia e dalla Mesopotamia usavano auto infliggersi delle pene corporali per immolarsi alle divinità. Non a caso i cenobiti sono stati anche denominati "demoni" o "supplizianti" e il termine deriva dall'unione di due parole greche che signficano "vita in comune", una materiale e una spirituale evocata nell'album "Ritual". La voce di Randy Blythe (Lamb Of God) è esplosiva e perfettamente in grado di competere con quella graffiante di Max Cavalera. Notevole anche il drumming tribale di Zyon, ispirato direttamente dalla tecnica adottata dallo zio Iggor nei primissimi lavori con i Sepultura. Segue "The Summoning", biglietto da visita dell'intero album in cui i riff e i soli di Mark Rizzo travolgono ancora una volta per la propria potenza e intensità che nulla ha da invidiare a "Psychosis" o al precedente "Archangel", da cui i Soulfly volutamente si discostano in questo nuovo album. "Under Rapture" è un altro brano degno di nota, il quale ha visto la collaborazione del cantante di una delle band maggiormente ammirate da Max Cavalera, Ross Dolan degli Immolation. La canzone dimostra ancora una volta le varie influenze che arricchiscono l'intero lavoro. Se la prima sezione è contraddistinta da sonorità tipicamente thrash e a tratti groove, nella seconda parte il tutto si ribalta "in stile Immolation", con pesanti riff heavy metal che accompagnano l'esplosiva voce di Randy. E' ancora una volta il rituale a dare l'idea, poiché si tratta di una traccia che tratta di temi quali la vita e la morte e l'importanza di avere credenze spirituali che ci aiutino a superare le difficoltà della vita. Se si crede in un continuum della nostra vita spirituale, la sofferenza da cui per natura gli uomini fuggono può trasformarsi ed essere convertita in qualcosa di buono e positivo. "Non ci piace soffrire, ma è dalla sofferenza che nascono le cose migliori" e infatti è proprio dalla sofferenza di un membro del gruppo che è nato il progetto dei Soulfly.
Si prosegue con "Demonized", dai toni medesimamente duri e cupi in cui a farla da padrona sono i repentini riff estremi di Rizzo e le potenti linee di basso di Mike Leon. Con "Blood On The Street" ci si avvia verso la conclusione del rituale messo a punto dai Soufly attraverso cui l'ascoltatore è trasportato, in balia di un'atmosfera mistico-tribale. Ad attirare l'attenzione è il magistrale solo di Mark Rizzo e l'iracondo drumming di Zyon, degno erede di Iggor. A confermare la tendeza "extreme" mediata da influenze più hard rock (in stile Motorhead, per intenderci) il penultimo brano "Feedback!", di un'intensità travolgente. "Ritual" si chiude con "Soulfly XI", un componimento interamente strumentale in acustico dalle tonalità jazz e a tratti blues che stravolgono completamente le aspettative dell'ascoltatore, ormai trasportato in un'altra dimensione. E sul termine "Ritual", Max Cavalera non ci si è voluto soffermare più di tanto perché lo si scopre lentamente, traccia dopo traccia, cosa significa il termine rituale per ognuno di noi, in relazione alla propria esperienza di vita che come sempre risulta essere inevitabilmente intrecciata alla più magica forma d'espressione che è la musica.