Si dice che per sopravvivere nel panorama musicale odierno il requisito imprescindibile per ogni band sia possedere uno stile tutto suo, che la distingua dal resto della concorrenza. Siamo davvero sicuri che sia così anche quando parliamo di una delle band più apprezzate della scena alt-country americana degli anni '90? Ci riferiamo agli Scud Mountain Boys, gruppo poco noto al grande pubblico, che riprende oggi un discorso interrotto diciassette anni fa: “Do You Love The Sun?” è il primo album di inediti dai tempi dell’acclamato “Massachusetts” del 1996. A sentirli oggi, c’è davvero da mangiarsi le mani per quello che sarebbe potuto diventare questo gruppo, se avesse avuto un minimo di continuità.
Gli Scud Mountain Boys non sono dei rivoluzionari da salotto, né rockstar da copertina. Possiedono un dono tanto unico quanto raro, tirare fuori grandi canzoni affidandosi unicamente alla tradizione e al buon gusto. “Do You Love The Sun?” è il trionfo della semplicità, l’archetipo di quanto appena detto. Le sue chitarre acustiche essenziali, le sue atmosfere vellutate, le rassicuranti armonie vocali non ne fanno tuttavia un banale disco di country-pop da classifica. Le tonalità grevi e dimesse del vocalist Joe Pernice abbracciano un sound che parte da Crosby, Stills, Nash & Young e attraversa un intimismo oscuro, dal sapore tipicamente nineties. “Double Bed” in questo senso è eloquente, un brano che non necessita neppure della ritmica, da quanto è perfetto, seguito a ruota dalla toccante “Learn To Love Him”. Allo stesso modo colpisce “The Mendicant” per il suo gusto selvaggio, quasi desertifico, così come il folk puro di “Orphan Girl” richiama il primo Dylan e tutta la tradizione che deriva da “The House Of The Rising Sun”.
“Do You Love The Sun?” è un variopinto campionario di country music raccontato da un punto di vista diverso, quello di una band alternative rock capace di rivisitare la tradizione senza snaturarla. Per quanto poi “Drew Got Shot” rimandi a “Harvest” di Neil Young, le lap steel guitar, le atmosfere da prateria e vento che spira fra le rocce, sono gli ingredienti di un piatto succulento e gradevole, ricco di citazioni e sfumature, come dovrebbe essere la creazione di un artista qualsiasi che abbia qualcosa da dire.