Dodici anni di silenzio discografico, l'abbandono del singer Dave Hunt (Anaal Nathrakh), la rentrée del vecchio frontman Dave Ingram, un ulteriore LP, l'ottavo, appena sfornato: siamo lontani dall'epoca di "The Grand Leveller" (1991) o di "Trascend The Rubicon" (1993), eppure il death metal old school a firma Benediction riesce ancora, e con forza, a echeggiare dalle volte della storia. Per l'esattezza i britannici si rivolgono, dal punto di vista musicale, alla prima metà dei '90, quando l'apogeo insulare del genere li relegò sì in una seconda fila onorevole, ma caratterizzata esclusivamente da riconoscimenti di culto e da un ristretto successo commerciale.
Bisogna onestamente sottolineare come la band, nel corso dei lustri, abbia perso progressivamente inventiva, soprattutto in riferimento a un songwriting che dei due ottimi lavori succitati a inizio paragrafo conservava soltanto la scorza esterna. Complice il come back del cantate originario e una produzione, opera dell'esperto Scott Atkins, sagace nell'aggregare le idee degli inglesi in un impasto omogeneo e vivace, il nuovo "Scriptures" ribalta l'opacità delle ultime fatiche in studio del combo, lasciando alquanto soddisfatti i padiglioni auricolari degli appassionati dell'estremo.
Naturalmente non aspettiamoci grosse modificazioni nello stile: il gruppo ricama, al suo solito, riff di grana rotonda e dall'incarnato thrash/doom, alternando a essi refrain strategici e decisamente groovy, mentre il ritmo, dalla cadenza massiccia e che in più di un passaggio ricorda la marzialità accattivante dei connazionali (e consanguinei) Bolt Thrower, si mantiene su una costanza di rendimento sorprendente se pensiamo alle prove offerte nel recente passato. Il growling alcolico e brutale di Ingram fa il resto, conferendo a dei brani dalla struttura lineare e per certi versi prevedibile - aggettivo, questo, che nel caso degli inglesi rappresenta un complimento e non una critica negativa - una patina barbarica di grande efficacia comunicativa. E così si può pescare fortuitamente dal lotto e scoprire che i pezzi, da "Iteration Of I" a "Stormcrow" da "Progenitors Of A New Paradigm" a "Rabid Carnality", pur non molto diversi l'uno dall'altro, risultano gradevoli e per nulla monotoni: merito di un piglio ruspante che sembrava ormai smarrito, di una scrittura robusta e dagli obiettivi ben definiti e di un sound al passo coi tempi. Non proprio qualcosa di scontato, oggigiorno.
Ai Benediction, dunque, va tributato il giusto plauso per un ritorno sulle scene ricco di grande convinzione e rinnovato vigore: le pagine sacre di "Scriptures" ardono senza requie.