"Three (p)" è la nuova uscita, scontata quanto obbligata, della band veneziana la quale, dopo il primo full lenght autoprodotto ed il secondo pubblicato da Argonauta Records, l'anno scorso, è decisa a mantenere alta la concentrazione degli ascoltatori ed onorare l'importante contratto discografico.
I Return From The Grave nascono nel 2011 a Venezia. Dopo un ep d'esordio pubblicano ben presto il primo album autoprodotto in cui sono chiare fin da subito le influenze musicali dei nostri: un sound massiccio e compatto che attinge a soluzioni marcatamente stoner e risultando quindi incisivi ed abbastanza veloci nell'esecuzione, per poi rallentare i bpm e sfociare in passaggi che richiamano molto il sound anni ‘70 dei padri fondatori: niente meno che i Black Sabbath. Questo il primo e più evidente accostamento che potrebbe venire in mente ad un ascoltatore della prima ora ma i richiami sono altri e coinvolgono molte band di stampo stoner e doom a cavallo tra i '90 e i primi ‘2000 quali i Kyuss, Mastodon o gli inglesi Orange Goblin.
Con la pubblicazione di "Three (p)" è chiara l'intenzione della band di far vedere che è al lavoro, che i nostri stanno suonando e componendo. Nel mondo della musica di nicchia, di questi tempi, la fatica viene spesso ripagata se portata a livelli estremi solo dal momento in cui ci si mette realmente in gioco, ci si sporca le mani e si sputa sangue. Ma il successo prima o poi arriva. Return From The Grave è un cantiere aperto: cambio di formazione, contratto con la major e una maturità musicale che progressivamente va a consolidarsi.
Tra i brani che compongono l'ep spicca sicuramente la traccia centrale "Soul's Grime" in cui risultano evidenti tutte influenze "Sabbathiane"; un intreccio di riff distorti accompagnano una voce quasi lamentosa e imbevuta di riverbero, presentando esattamente le caratteristiche vocali che resero leggendaria quella di Ozzy Osbourne, il tanto amato "Madman". Interessante anche la successiva "Sough", che dopo un intro di stampo doom cambia totalmente faccia: si erge infatti un organo e una voce quasi parlata e recitata ci introduce nel bel mezzo di un brano che ripesca dagli anni settanta in quanto ad assoli, drumming e riff di chitarre.
Un ascolto gradito dunque, che potrà tenere compagnia agli amanti del genere, non il massimo dell'innovatività ma le tracce sono suonate molto bene e la produzione risulta ben fatta. Fa sempre piacere scoprire che di gruppi italiani infondo ne esistono eccome, purtroppo non supportati o poco conosciuti. I Return From The Grave ci sono, carichi ed in buona forma, dopo questo assaggio non resta che attendere il nuovo album (arriverà a breve?) e sperare in un piccolo acuto "made in Italy".