Queens Of The Stone Age
...Like Clockwork

2013, Matador Records
Stoner/Alternative Rock

Josh Homme torna con una pericolosa oscillazione tra esplosività e fragilità ai confini dell'autobiografia
Recensione di Marco Mazza - Pubblicata in data: 03/06/13

Sei lunghi anni di assenza... ci si stava quasi dimenticando dei Queens Of The Stone Age! Il gruppo di Josh Homme, pur non arrivando mai agli straordinari livelli raggiunti dal Nostro con i Kyuss e senza risultare nemmeno particolarmente innovativo, ha saputo regalarci capitoli davvero stupendi in passato. Il terzo disco, “Songs For The Deaf”, si è rivelato un masterpiece capace di catapultare la band verso il successo planetario (confermato dalle vendite di “Lullabies To Paralyze” del 2005 e di “Era Vulgaris” del 2007, lavoro tutt'altro che riuscito). L’impressione è che la vena creativa dei Queens Of The Stone Age si stesse progressivamente spegnendo, con i vari membri della band impegnati a cercare nuovi spunti altrove, in progetti paralleli (come il supergruppo Them Crooked Vultures, fondato dallo stesso Homme). Sembra però che gli statunitensi abbiano riacquistato interesse per le Regine arrivando, finalmente, alla pubblicazione di “...Like Clockwork”. L’autoproduzione, la realizzazione di diversi video animati pubblicati prima dell'uscita, la presenza di eccellenti collaborazioni, l’attento studio del periodo promozionale: sono tutti elementi che confermano la volontà di tornare a realizzare qualcosa d’importante. Segno che il gruppo punta parecchio su questo nuovo viaggio musicale ritagliato sulla figura del suo leader, quasi un'autobiografia, una pericolosa oscillazione tra esplosività e fragilità.

Stilisticamente parlando, “...Like Clockwork” è un album che si distacca dalla generale piattezza e povertà d’idee di “Era Vulgaris” privilegiando un approccio diretto e senza filtri, un riavvicinamento ai capitoli migliori del passato senza per questo volerne essere la copia (contrariamente a quanto ci si poteva immaginare, si trovano più punti in comune con “Lullabies to Paralyze” che con “Songs for the Deaf”). Le dieci tracce si rivelano ipnotiche e instabili, tra groove e riff ricorsivi e passaggi più psichedelici. Il tutto in un contesto sonoro completamente nuovo, in movimento tra luce e ombra. Il motore con cui si muove il nuovo disco è infatti alimentato da una miscela formata dall’alternanza di pezzi più impetuosi e di sfogo con altri più ragionati e introspettivi, un equilibrio instabile tra ribellione e resa che crea un’atmosfera di grande effetto e coinvolgimento. La release è inoltre impreziosita dalla collaborazione di diversi artisti d'assoluto valore, con alcuni dei quali le strade si sono già incrociate in passato: dallo storico bassista Nick Oliveri, membro fisso fino al 2004, all'indimenticato Dave Grohl, che aveva già suonato su "Songs For The Deaf" e che è solo uno dei tre batteristi presenti sul disco.

L’opener “Keep Your Eyes Peeled” è l’inquietante ingresso nella desolata città piena di pericoli in cui si muove “...Like Clockwork”, una traccia immersa in atmosfere ossessive e ritmi ammalianti, con il basso di Michael Shuman a fare da trascinatore per tutta la seconda parte del brano. “I Sat By The Ocean” è un brano più immediato che ricalca maggiormente episodi del passato. La successiva “The Vampyre Of Time And Memory” è invece una sorprendente ballad, di grande presa, in cui la calda voce di Josh Homme, accompagnata da quel piano che si rivelerà la vera arma in più dell'uscita, confessa tutta la sua confusione. “If I Had A Tail” è una progressione rigenerante che può contare sulla presenza di Nick Oliveri e Mark Lanegan, ma a dare maggiore impronta, fornendo un vestito più indie, è certamente Alex Turner degli Arctic Monkeys. Irriverente, sporca e anticonvenzionale. E' interessante notare come la grande presenza di ospiti sia sapientemente gestita e perfettamente assimilata all'interno dei vari pezzi, con contributi appena intuibili in luogo di palesi esibizioni che avrebbero snaturato il prodotto. Questo dimostra come Homme riesca sempre a mantenere il controllo della situazione e a sfruttare questo aspetto come valore aggiunto di un lavoro che rimane 100% Queens Of The Stone Age; gli ospiti, insomma, arricchiscono e non sostituiscono.

“My God Is the Sun” è una tipica stoner track raccontata sotto il sole cocente in cui è sicuramente la martellante batteria Dave Grohl a mettersi in mostra. “Kalopsia” si fa guidare dal basso e accompagnare dal piano; sui suoi ritmi bassi s’inseriscono un paio di scatti più frenetici nella seconda metà. Questa volta a fare da special guest è Trent Reznor, la cui presenza, ancora una volta, rimane ben nascosta pur essendo essenziale nello sviluppo del pezzo. “Fairweather Friends” sembra proprio una riunione di amici di altri tempi, viste i nomi chiamati a raccolta: Trent Reznor, Nick Oliveri, Mark Lanegan, Alain Johannes, Brody Dalle, oltre naturalmente a Grohl. Tutti riuniti a creare un altro ottimo brano in cui a emergere è però il piano di Elton John, capace di donare una decisa marcia in più. “Smooth Sailing” è una folle traccia che vede come ospite Jake Shears degli Scissor Sister, mentre con “I Appear Missing” si torna alle sinistre ed ipnotiche atmosfere di “Keep Your Eyes Peeled”. Nella title-track conclusiva i tasti bianchi e neri introducono la voce di Homme, che torna a essere protagonista assoluta in un passaggio molto sentito.

“...Like Clockwork” mantiene il livello complessivamente alto per tutta la sua durata, tra melodie ricercate e testi profondi, probabilmente i migliori mai scritti dal gruppo. L’uscita riavvicina la formazione stoner ai territori desertici a lei più congeniali; manovra preventivabile che tuttavia non fa che riportare in carreggiata l’auto che sembrava destinata a sbandare dopo il trattamento ricevuto con “Era Vulgaris”. La presenza di pezzi più ragionati, meno aggressivi e più sentiti spazza via il pericolo di un album-clone e ci mostra il frutto del volere della band e di nessun altro, fan compresi. Sono queste le scelte fatte dai Queens Of The Stone Age. Scelte coraggiose e oneste che rendono “...Like Clockwork” la loro miglior prova su disco dai tempi di “Songs For The Deaf”.





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