Place Vendome
Thunder In The Distance

2013, Frontiers Records
Hard Rock

Recensione di Luca Ciuti - Pubblicata in data: 31/10/13

Sembra che gli anni passati ai margini della scene siano ormai un lontano ricordo per Michael Kiske. Almeno a giudicare dalla rapidità con cui le sue release si rincorrono sul mercato. Se contiamo Unisonic, Place Vendome, Kiske/Somerville, le comparsate con Avantasia e qualche altro gettone di presenza sparso, l’ex Helloween è riuscito a ritagliarsi un poco per volta la sua bella fetta di mercato. Se i dati numerici sono come al solito incontestabili, il valore effettivo delle sue opere scatena ancora accesi dibattiti. Che Kiske abbia sfornato dischi in sequenza più per placare la sete di quei fans rimasti a digiuno della sua voce, che per effettiva ispirazione artistica, è una sensazione forte più che mai. Place Vendome ha rappresentato il passpartout per il riavvicinamento a quel metal così a lungo rinnegato nel corso degli anni, o per lo meno a un certo tipo di rock; dopotutto Kiske era ancora in grado di confrontarsi con il suo passato o con qualcosa di vagamente simile, bastava solo che ne avesse voglia, questo accadeva pochi anni fa, ma adesso che ha rotto il ghiaccio sede live ed è tornato a confrontarsi con una vera band, tutto acquista un sapore diverso. Incluso ovviamente Place Vendome, il progetto che lo ha rilanciato dopo anni di oblio.

Il terzo capitolo della saga, dal roboante titolo "Thunder In The Distance", rompe la magia che si era venuta a creare con i suoi predecessori. Un disco concepito ancora all’ombra della premiata ditta Dennis Ward & Frontiers Records e che è a tutti gli effetti una selezione di brani scelti da Serafino Perugino, fra quelli di autori quali Timo Tolkki, Magnus Karlsson, Roberto Tiranti. Cambiano gli elementi ma il risultato, curiosamente, è sempre lo stesso, se non peggiore: “Talk To Me” è la copia sbiadita di “Streets Of Fire”, “It Can’t Rain Forever” si ricorda soltanto per la melodia che si protrae all’infinito, tanti brani fotocopia che ricalcano stilemi e clichè dell'hard rock a stelle e strisce (non chiamatelo AOR, che è un'altra cosa). Il disco ha un sapore ancora più dolce dei suoi predecessori, persino del tanto discusso Kiske/Somerville che col senno di poi così da buttare forse non era. Scelta premeditata della Frontiers? Songwriting annacquato da un roster troppo lungo? Difficile comprendere come artisti così navigati abbiano potuto  mettere la firma su “My Heart Is Dying” e "Hold Your Love", due pezzi che paiono usciti dalla penna di un autore alle prime armi, come certi passaggi di tastiera che sembrano presi e messi lì. Cosa funziona? “Never Too Late” trasmette nonostante tutto un certo feeling, mentre la fulminea title track si caratterizza per le sue interessanti progressioni armoniche. Con un pizzico di audacia in più, tracce come “Power Of Music”, “Heaven Lost”, oppure “Lost In Paradise” avrebbero potuto spiccare il volo. Si salva ancora una volta il Michael Kiske interprete che alla fine rischia pure poco, mettendo a disposizione la sua voce su un pugno di brani facili facili che un gruppo di media caratura potrebbe benissimo scrivere con la mano sinistra, da tanto che sono ovvi.

Affermare che Kiske si trova a proprio agio con queste sonorità non è certo un’eresia, ma allo stesso tempo sarebbe bugiardo accogliere “Thunder In The Distance” come “l’ennesimo gioiellino di rock melodico”, oltre che un tantino pretenzioso. Così com’è la formula non funziona più a dovere, è mancato quel pizzico di audacia a un disco che suona come una versione stanca dei due precedenti. Ora che Michael è a titolo definitivo di nuovo fra noi, ora che è svanito l’effetto sorpresa, urge dimostrare che la strada intrapresa è quella giusta, e che non passa necessariamente da Place Vendome.





01. Talk To Me
02. Power Of Music
03. Broken Wings
04. Lost In Paradise
05. It Can't Rain Forever
06. Fragile Ground
07. Hold Your Love
08. Never Too Late
09. Heaven Lost
10. My Heart Is Dying
11. Break Out
12. Maybe Tomorrow
13. Thunder In The Distance

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