Piccola Orchestra KarasciĆ²
Apologia

2013, Autoproduzione
Folk

Recensione di Alessio Sagheddu - Pubblicata in data: 04/07/13

La Fortuna è una puttana, diceva il nonno…

Non avete di certo scoperto l’acqua calda, direte voi. Una constatazione, però, è doverosa: più ci si addentra nei meandri delle realtà musicali underground italiche, più si rimane fermi e basiti davanti al leggero confine che separa lo “sconosciuto” dal “troppo conosciuto”. Nella prima categoria rientrano tante band che hanno voglia di suonare, esternare il loro pensiero e concedere ad una folla di cantare il ritornello di una loro canzone. Generalizzare è sempre sbagliato, ma è bene dire che una buona fetta del popolo italico sembra essere all’oscuro di queste realtà musicali. La Piccola Orchestra Karasciò è una delle tante. Quasi una vera e propria orchestra – umile e trasportata da una passione popolare - quella dei Nostri, che mischiano soluzioni folk/rock marchiate a fuoco dal cantautorato italiano (si spazia da De Andrè e Paolo Conte alla spensieratezza sonora dei Negrita).

 

Ma quello che rapisce l’ascoltatore in questo “Apologia” è il concept. Sì, perché l’intero album racconta uno storia in bilico tra vita, morte, amore perduto e tempo che passa attraverso gli occhi di due personaggi: il giovane che scalpita nell’attesa di quello che gli riserverà il futuro e il vecchio che si trova dinanzi alla vecchiaia ricordando tempi passati. Tutto questo narrato in un libro (gemello dell’album) che segue e accompagna le undici canzoni. Ma non è tutto: nel libro le immagini dei tarocchi mostrano la visione – ben diversa – di ogni carta da parte dei due personaggi.

 

Così come sono numerosi i temi affrontati, altrettanto numerose sono le soluzioni strumentali sfruttate in ogni canzone. Per esempio “Pensaci Bene”, tuonante nella suo intro, si trasforma in una sorta di ballo proibito tra ritmiche calienti ed il basso di Roberto Nicoli ben protagonista (quest’ultimo è anche l’anima trainante dell’intro della delirante “La Danza Del Parrucchino”). “Ultima Stazione” rappresenta invece la parte più intima e delicata dell’intero album, dove le parole giocano un ruolo molto importante. Acquose soluzioni simil-reggae aprono “Il Club Delle Sei Del Mattino”, dove le parole parlano chiaro: “...la fine: c’è chi dice che la fine è l’inizio, chi dice che ci vuole un fine nella vita. Io dico che la fine è la fine, the end, sipario e basta”. Portato a termine a pieni voti il lavoro e l’interpretazione dei recitati di Enzo Guerini nel ruolo di voce narrante e il vocalist Paolo Piccoli, veramente a suo agio in ogni canzone (pur rimarcando un’impronta vocale alla De Andrè il Nostro risulta sempre molto personale).

 

Pur affrontando le paure e le ansie dei due protagonisti, “Apologia” mainfesta dall’inizio alla fine un’ispirazione pura, concreta, che racchiude in sé il vero concept dell’album: la riaffermazione delle nostre vite sia attraverso i ricordi e le esperienze del vecchio ma anche attraverso le speranze e le future scoperte o aspirazioni del giovane. La Piccola Orchestra Karasciò, di fatto, non si limita a “smuovere l’ascoltatore” con soluzioni scontate e atteggiamenti “indie”, e l’invito che lanciamo ai nostri lettori e quello di scoprire al più presto la sua arte.





01. Apologie
02. Sole e Calypso
03. Mediterraneo
04. Abilmente Differente
05. Ultima Stazione
06. Il padrone di Casa
07. La danza del parrucchino
08. Il club delle sei del mattino
09. Si chiama fama
10. Pensaci bene
11. L’inferno dei Viventi

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