Dopo quasi mezzo secolo di vita, i Kayak sono ancora a galla: nati nel 1972 e autori di ottimi album nonostante i continui stravolgimenti della line-up, gli olandesi, riparati i telai e tese nuove pelli, tornano alla ribalta con "Out Of This World", una traversata di settanta minuti dal forte sapore Eighties. Un come back che sa di miracolo, considerato l'infarto che nel 2019 colpì Ton Scherpenzeel, deus ex machina della band e unico membro rimasto della formazione originaria dopo la morte del cofondatore e batterista Pim Koopman: problematiche che non hanno impedito al gruppo di registrare il diciottesimo LP in studio, ritrovando motivazioni e unità d'intenti. A dirla tutta, il disco, nel suo incrocio di stili al limite dello sfilacciamento, sembra una compilation di singoli di un'altra epoca; eppure l'interplay tra tastiere e chitarre fa miracoli, tanto che, presi a uno a uno, i vari brani del lotto spingono l'ascoltatore prima a sedersi a bordo della canoa, poi a pagaiare attraverso i fiumi dell'universo direzione luna.
Un quintetto, lo stesso dell'ultimo "Seventeen" (2018) a eccezione di Collin Leijenaar (Bart Schwertmann, Marcel Singor, Kristoffer Gildenlöw, Hans Eijkenaar, oltre allo storico mastermind), la cui tavolozza musicale suona infinita, riuscendo a intrecciare con nonchalance progressive, AOR, art rock e pop: siffatto intreccio camaleontico rappresenta un vero godimento per le orecchie, benché, nello sfoggio eccessivo di tale ricchezza, nella quale non va trascurata la presenza di tre voci diverse e di un surplus di arrangiamenti sinfonici, l'opera forse trova il proprio tallone d'Achille. In ogni caso si può affermare, senza tentennamenti di sorta, che il platter accontenti i palati di varie estrazioni, grazie all'impronta sofisticata - e distesa - che caratterizza gran parte dei pezzi.
I riferimenti appaiono legione, dai Trans-Siberian Orchestra ("Out Of This World") a David Bowie ("Waiting"), dai Pain Of Salvation ("Under A Scar", "Ship Of Theseus") ai secondi Camel (la strumentale "Kaja"), dai Moon Safari ("Mystery) ai Toto ("Traditor's Gate"), sino al prog levigato e intriso di fusion di marca Asia/Kaipa ("Critical Mass", "A Writer's Tale"). Un pizzico di Electric Light Orchestra ("Distance To You Heart"), un paio di lenti epici ("One By One", "Cary") e il contagioso art rock à la Supertramp ("As The Crow Flies", "Red Rang To A Bull") completano un full-length ad alto tasso melodico, dalla produzione pump, e che parimenti frastorna e abbacina, anche in virtù di liriche dal significato fluttuante e sfumato.
Con "Out Of This World", i Kayak scrivono l'ennesimo capitolo di una carriera ormai pluridecennale, non privo certo di difetti, ma latore di una vitalità incredibile e a tratti davvero prorompente. Sorriso e cipiglio, con la benedizione ispiratrice di Andy Latimer.