Coroner
No More Color

2018, Century Media Records
Thrash Metal

La Century Media ha deciso di ristampare "No More Color", capolavoro dei Coroner e classico del thrash. Ottima occasione per riscoprirne i meriti.
Recensione di Matteo Poli - Pubblicata in data: 16/05/18

Tra la fine degli anni '80 e i primi '90 una technical thrash metal band terrorizza la placida e verde Svizzera con un manipolo di album innovativi e uno stile spiazzante, in continua evoluzione. Il thrash, assediato da generi metal sempre più estremi da un lato e dal grunge nascente dall'altro, vede i primi cedimenti oltreoceano, ma in Europa partorisce ancora belve capaci di sbranare. I Coroner, ad esempio, intorno al 1983 erano poco più che un gruppetto di metalkids svizzeri orgogliosi di fare i roadie per i ben più noti Celtic Frost. Poi, un paio d'anni dopo, il batterista Marquis Marky decide di rivoluzionare la formazione che diventa un trio, con Ron Royce al basso e alla voce, e Tommy T. Baron alla chitarra. Nonostante le grandi doti (dal 1988 sono regolarmente incensati dalla critica) la band fatica a farsi conoscere fuori dall'Europa e realizzerà solo cinque album in studio, diverse demo e un paio di raccolte, travolta dal sisma dei generi rock metal di metà anni '90. Un lungo iato. Nel 2010 la band annuncia la reunion, si esibisce in brevi tour ed eventi, tra cui l'HellFest 2011. Qualche anno dopo, con un comunicato Marky annuncia alla stampa l'abbandono per motivi personali; sarà sostituito da Diego Rapacchietti. Le ultime notizie davano in uscita un album nel 2017 ma più nulla se ne seppe. Fine? Forse no, forse qualcosa bolle ancora in pentola, perché la Century Media Records ha deciso di ristampare - contemporaneamente ai primi due lavori "R.I.P." (1987) e "Punishment For Decadence" (1988) - "No More Color"(1989), un album cardine nella discografia della band.


Mentre in "R.I.P" la proposta si traduce in uno schietto speed thrash in complesso ancora un po' acerbo, già "Punishment For Decadence" mostra una maturazione, maggior libertà negli sviluppi chitarristici e nei testi accenni a temi politici e sociali, caratteristici dei dischi thrash coevi. Ma è col successivo "No More Color" che la band consegue la propria cifra stilistica, un technical thrash eccentrico, spigoloso ma aperto a influenze le più diverse, con venature prog che varranno alla act l'epiteto di "Rush del Thrash". Certo, in quest'album gli esiti più sperimentali di questa tendenza restano per lo più ancora in nuce; si sarebbe dispiegata nel successivo "Mental Vortex" (1991) e ancor più in "Grin" (1993), album fatalmente incompreso all'epoca, forse in anticipo sui tempi, ma che decreterà lo scioglimento dei Coroner.


"No More Color" è l'album della conseguita maturità, quello in cui la band inizia a liberarsi dal condizionamento dei modelli (Celtic Frost, Bathory, per Tommy T. i guitar heroes come Malmsteen) e abbandona lo speed thrash con venature gotiche (che in parte verrà ripreso, ma in modo molto diverso, in "Mental Vortex") in favore di un technical thrash con influenze prog, che li avvicina ai Voivod, ai Deathrow, ai Forbidden ed ai Mekong Delta. All'epoca, alcuni lo giudicarono un disco "seduto": in effetti l'act suona più lenta che nei precedenti, ma ciò segnala semmai una pausa riflessiva, un modo più meditato di costruire il brano, che da adesso raramente termina come inizia e, se rallenta, di contro il suono diventa più pesante e definito; mentri gli assoli cominciano ad asciugarsi, gli arrangiamenti si fanno complessi. A cominciare dalla ripida "Die By My Hand", passando per la chirurgica "No Need To Be Human", il gorgo di "Read My Scars", la strana cavalcata di "Mistress Of Deception" e highlights come "Tunnel Of Pain" e la conclusiva "Last Entertainment", l'album trabocca tecnica, gusto, ispirazione e desiderio di evadere da stilemi troppo consueti. Gli esiti più clamorosi si avranno nei due lavori successivi, come si scriveva sopra, ma " No More Color" fotografa i Coroner all'apice della carriera, in perfetto equilibrio tra il thrash degli esordi e gli esiti più maturi. Auguriamo alla band di tornare presto a incidere nuove canzoni per la gioia dei vecchi seguaci e - perchè no? - per conquistarne qualcuno nuovo.





01. Die By My Hand
02. No Need To Be Human
03. Read My Scars
04. D.O.A.
05. Minstress Of Deception
06. Tunnel Of Pain
07. Why It Hurts
08. Last Entertainment

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