Con Matt Schofield la grande stagione del british blues, quella di Peter Green e John Mayall per intenderci, sembra aver trovato definitivamente il suo legittimo erede. Questo giovanotto inglese ha fatto man bassa di riconoscimenti in patria e si capisce perché: oltre ad essere un chitarrista dal grande feeling, e non poteva essere altrimenti, Schofield è anche un abile cantante e produttore.
“Far As I Can See” scende giù caldo e rassicurante come un bicchiere di vino rosso d’annata, grazie a uno stile che include tutti gli stilemi del blues tradizionale senza suonare stantio. Sontuosi substrati sonori di organo, cori, fiati e gli immancabili assoli di chitarra, tutti elementi imprescindibili per ogni disco blues che si rispetti e in questo “Far As I Can See” non fa eccezione; sono tuttavia i nove minuti di “The Day You Left” ad assumere i contorni di un’esperienza mistica che non può essere ignorata, e persino uno strumentale scolastico come “Oakville Shuffle” regala momenti di grande intensità. Ad un solo si accompagna sempre una linea vocale, un tappeto di Hammond, un groove irresistibile, come quello di “Yellow Moon”che richiama le atmosfere latine di Santana. Il rock n’roll di “Tell Me Some Lies” dona al disco quel tocco di colore in più, allo stesso modo in cui il night blues della conclusiva “Red Dragon” ci riconduce nei bassifondi dove questa musica sensuale prende forma.
Le ombre di B.B. King e Robben Ford che pure si affacciano in modo deciso, non oscurano la stella di Matt Schofield, un chitarrista dalla classe sopraffina e le idee chiare se parliamo di musica; meno, ad esempio, se parliamo di un dettaglio come la cover del disco. “Far As I Can See” merita ben più del consueto ascolto, solitamente dettato dal rispetto reverenziale verso la musica del diavolo. Bentornato, vecchio blues.