Necrophobic
Mark Of The Necrogram

2018, Century Media Records
Blackened Death Metal

I Necrophobic tessono atmosfere epiche ed oscure, ma perdono in aggressività e brilla poco di nuovo sotto il sole
Recensione di Matteo Poli - Pubblicata in data: 24/02/18

Sono passati cinque anni dall'ultima pubblica incarnazione dei Necrophobic, black death metal band svedese in circolazione dal lontano 1989. Passata attraverso diversi cambi di etichetta e line-up, la formazione swedish ha sempre perseguito con ammirevole coerenza un genere che ha contribuito a diffondere: il blackened death metal, ibrido tra death e black. "Mark Of The Necrogram" segna un nuovo inizio per la band, che nel 2014 richiama tra le sue fila Sebastian Ramstedt e Anders Strokirk - singer all'epoca di "The Nocturnal Silence" (1993) - mentre stabili restano il chitarrista Johan Bergebäck, il batterista Joakim Sterner ed il bassista Alex Friberg. Il quintetto, forte del nuovo frontman e di alcuni anni di preparativi, intende con questo lavoro concludere il discorso musicale e tematico intrapreso con "Death To All" pur mantenendo la potente carica di lavori come "Darkside".
La formula non è cambiata negli anni: cantato growl dal carattere fortemente recitativo, atmosfere suggestive e ritmiche incalzanti al parossismo, al servizio di un immaginario demoniaco. Purtroppo però a nostro giudizio anche i limiti rimangono gli stessi: una certa ripetitività nelle soluzioni armoniche e ritmiche e solo in rari momenti vere e proprie impennate compositive che diano pepe all'ascolto.

 

Così, nei brani in cui i recitativi e le atmosfere la fanno da padrone, come la perversa "Pesta" - già pubblicata nell'EP del 2017 "Pesta" -, la strumentale "Undergången", la cavalcante "From The Great Above To The Great Below", basta chiudere gli occhi per ritrovarci al centro della Terra, tra fiumi di lava, altari insanguinati e demoni urlanti, trascinati da un sound che tende a riempire tutti i vuoti, oscuro ma non privo di impennate epiche: sono questi i momenti migliori del disco. Altrove invece, come in "Crown Of The Horns", "Odium Caecum", "Tsar Bomba" brani tutt'altro che mediocri - là dove ci aspetteremmo maggior tiro - la carica viene meno, tende a disperdersi, complice forse anche un mixaggio che valorizza poco le dinamiche e tende ad appiattire molto, con chitarre dai suoni poco definiti, in favore di un largo uso dei riverberi. Sembra, insomma, che tra suggestione e potenza, i nuovi Necrophobic propendano con decisione per la prima, quando invece "Death To All" e soprattutto "Darkside" ci avevano preparati a ben altro assalto. Se si punta alla suggestione però, occorre variare maggiormente la proposta, mentre qui una certa monotonia armonica annoia presto.


Peccato visto che certe soluzioni chitarristiche, come il giro centrale di "Lamashtu" sono molto efficaci, che il risultato finale sia tutto sommato così poco incisivo. Dai vecchi leoni onestamente ci aspettavamo un pizzico di grinta e fantasia in più.





01. Mark Of The Necrogram
02. Odium Caecum
03. Tsar Bomba
04. Lamashtu
05. Sacrosant
06. Pesta
07. Requiem For A Dying Sun
08. Crown Of The Horns
09. From The Great Above To Great Below
10. Undergången

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