Karenina
Via Crucis

2014, Autoprodotto
Alternative Rock

Recensione di Fabio Rigamonti - Pubblicata in data: 18/07/14

Che i Karenina siano una band in costante movimento non ce lo viene di certo a raccontare Via Crucis: già solo il fatto che tra il primo ed il secondo disco l'ensemble bergamasco-bresciano abbia deciso di cambiare ragione sociale (prima, li conoscevamo come "Triste Colore Rosa") fu una testimonianza più che evidente di questo "crimine" di voler mutare continuamente pelle alla propria musica.
E d'altronde già con l'anticipo di "Verso" avevamo capito che le rotondità pop de "Il Futuro Che Ricordavo" sarebbero state un lontano ricordo: i Karenina del 2014, piuttosto, sono più affascinati dal nero e dal torbido delle trame della loro musica.

Fortunatamente, la rabbia adolescenziale espressa su "Verso" (da cui vengono qui riproposti tutti i brani, ma più finemente riarrangiati) non è - come facilmente e lecitamente intuibile - lo scheletro che sorregge questo "Via Crucis". I Nostri, difatti, scelgono la strada impervia, e modellano il bolo oscuro della loro attuale ispirazione in un concept album che si sposa in modo naturale - e questo anche banale se volete, sì - ad una struttura tipicamente progressiva.
Se è pur oggettivamente vero che i Karenina non sono mai stati "dritti" neanche nei loro momenti più rosati e pop, in questo terzo inciso in discografia troviamo dei ragazzi che prendono la struttura melodica dei diversi brani, la demoliscono completamente e, coi frammenti di questo specchio, giocano coi riflessi, ed il risultato sono canzoni "storte" e "sghembe", che sanno stupire sempre.
Non lasciatevi ingannare dalla presa facile della ritmica di "Ovest" o dall'ossessività lirica della martellante "Nel Centro Del Paese", la vera anima del disco risiede, invece, nella trasformazione completa di "La Sapienza" (seguita dalla coda strumentale "811 km Il Sudore In Nota Spese"), nella destrutturazione elettronica molto drum'n'bass dei late '90s dell'iniziale "26 novembre 2010", o dal matrimonio - tanto ardito quanto perfetto - tra nu metal ed indie pop d'autore come nel conclusivo singolo "26 Febbraio 2011", vero e proprio emblema del disco nonché, a conti fatti, probabilmente la traccia meglio riuscita, proprio perché in grado di condensare al meglio il ricordo dei Karenina che furono all'immagine tangibile di ciò che loro oggi vogliono essere.

Lo scotto da pagare è di quelli facilmente intuibili: su una band che non ha mai brillato per immediatezza, ma per ben altre e più tangibili qualità, i Karenina qui richiedono all'ascoltatore un ulteriore sforzo in termini di ascolto e comprensione. Facendo del facile umorismo, si potrebbe dire che il disco sia una "Via Crucis" non solo per la protagonista dell'opera che cammina in un'Italia bellissima ma disastrata (dove ci vivono le bestie), ma anche per l'ascoltatore. Pur tuttavia, come i più ferventi cattolici sanno, al termine della processione la soddisfazione può essere molta, se lungo il cammino si pongono le giuste domande e si mostra la giusta attenzione.

Condito dalla recitazione dell'attore Walter Tiraboschi su "Hey Tu!", da liriche che sono più belle da leggere che da cantare (non vi preoccupate: è un grande complimento)  e da un concept fotografico minimale ma nondimeno deliziosamente disturbante ad opera di Roberto Pesenti, anche questo "Via Crucis" si dimostra così figlio dell'idea di "arte per arte" che il quintetto lombardo da sempre porta avanti con orgoglio, e sempre con la medesima soddisfazione egli può sedere accanto ai suoi fratelli maggiori senza rischio di sfigurare. Perchè i Karenina possono certamente risultare ostici ed arzigogolati a tratti, ma non sono mai banali, e portano avanti un'identità musicale precisa ed unica che è raro trovare nell'affollato panorama indiependente italiano.



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