Joe Bonamassa
Live at Carnegie Hall - An Acoustic Evening

2017, J&R Adventures
Blues

Joe Bonamassa dà vita ad una vera e propria esperienza sonora traboccante di qualità
Recensione di Sergio Mancuso - Pubblicata in data: 23/06/17

La Carnegie Hall: nel 1984 un giovane virtuoso della sei corde, un certo Stevie Ray Vaughan, ne calcò il palco con un'esibizione che vide la luce in un cd live postumo nel 1997. Oggi il cerchio si chiude con Bonamassa, baluardo contemporaneo del blues e asso della chitarra, che si esibisce per due straordinarie serate - il 20 e il 21 gennaio 2017 - in versione acustica.


I grandi artisti sono per natura ecclettici e prolifici e Bonamassa non fa eccezione: con questo siamo ben oltre i 20 album in quindici anni. Il "titano del blues" quest'anno sembra essere instancabile, sono ben tre i cd messi a disposizione dei fan, tutti curati e di alta qualità. Per esempio con il "Live At Carnegie Hall - An Acoustic Evening" fin da subito riusciamo a capire che quella che stiamo ascoltando non è la registrazione di una esibizione qualsiasi: il set di canzoni è scelto tra vecchie e nuove hit completamente riarrangiate per l'occasione, tanto da divenire, in molti casi, vere e proprie versioni alternative di gran pregio, capaci in futuro di rivaleggiare, nei cuori dei fan, con le loro controparti "originali".

 

Tutto questo è possibile grazie alla presenza di una band multietnica e talentuosa come quella che accompagna Joe. Il disco si apre con un trio di canzoni tratte dall'ultimo lavoro in studio del bluesman, "Blues of Desperation", ascoltando le quali diviene ovvio quello che si sta dicendo: "This Train" vede la chitarra di Joe e il violoncello della giovane virtuosa cinese Tina Guo dare vita ad un intrecciarsi di sonorità che correrà lungo l'intera esibizione. L'esempio più fulgido di ciò è "Woke Up Dreaming" nella quale i due danno vita ad un vero e proprio duello d'assoli che la rende davvero la miglior traccia dell'album.

 

Come in ogni live che si rispetti, ogni musicista ha la sua occasione di mettersi in mostra e così in "Mountain Time" abbiamo un suntuoso Reese Wynans (presente già nel lontano '84 insieme a SRV); in "Dust Bowl", a spiccare, è l'egiziano Hossam Ramzy, le cui percussioni vanno ad affiancarsi a Bonamassa e alla stella indiscussa della serata: la chitarra.

 

Non bisogna dimenticare "Song Of Yesterday", dei Black Country Communion il super gruppo formato dallo stesso Bonamassa, Glen Hughes, Jason Bonham e Derek Sherinian, e "How Can A Poor Man Stand Such Times And Live" nella quale è latente l'influenza a metà tra il folk e il blues tipica di Jorma Kaukonen, il chitarrista solista dei Jefferson Airplane e che vede una splendida Mahalia Barnes accompagnare con la sua potente voce quella più contenuta del chitarrista.

 

In ultima analisi, questo è un album intimo dalla musicalità soffusa e colta, lontano anni luce dalle roboanti performance elettriche alle quali ci ha abituato ma che qualsiasi amante della sei corde dovrebbe avere, sia esso semplice appassionato oppure profondo conoscitore del blues.





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