5 marzo 2020: il mondo si appresta a correre ai ripari dalla prima, enorme ondata di coronavirus e nello stesso momento, a Melbourne, si tiene una delle prime tappe dello sfortunatissimo tour di promozione australiano di "Macro", ultima fatica discografica degli ucraini Jinjer.
"Alive In Melbourne", pubblicato da Napalm Records, è la testimonianza su nastro di uno degli ultimi concerti metal all'alba di un lockdown generalizzato a livello mondiale e, in un fascicolo di ben 17 tracce, racchiude quella breve distanza di qualche metro che separa il palcoscenico, altare e luogo di culto, dalla platea, fan con le magliette incollate al petto e gli sguardi inebriati dall'ardore del momento. Quel piccolo tratto, così insignificante all'apparenza, argina tutte le vibrazioni e le ramifica, collegando i due estremi in una sorta di simbiosi estatica.
Tutto questo è ravvisabile in "Alive In Melbourne" e ciò non è assolutamente una novità: da anni i Jinjer mettono a ferro e fuoco ogni città che visitano, accaparrandosi uno dei primi posti nel panorama metal dei nostri giorni.
Nemmeno il tempo di iniziare e siamo già risucchiati nel fulcro insanguinato del circle pit: "Teacher, Teacher!" e "Sit Stay Roll Over" scatenano la folla imbufalita, Tatiana Shmailyuk incarna un mostro dalle due teste che ti accarezza delicatamente per poi ingoiarti in un sol boccone nelle profondità del suo growl maligno. Il djent proposto dal quartetto ucraino è una miscela letale di prog metal, groove e varie sperimentazioni particolarmente oculate, vedasi "Judgement (& Punishment)" con il suo andamento reggaeggiante in alcuni tratti o l'intermezzo funk/lounge della devastante "Home Back".
Con "I Speak Astronomy", "Who Is Gonna Be The One" e "Noah" la band tartassa i presenti senza sosta per poi far riprendere loro un minimo di respiro con la più lenta e corposa "Retrospection".
Spazio anche a "On The Top", pezzo potente con un refrain scritto ad arte per essere urlato a polmoni aperti. "Pit Of Consciousness" richiama atmosfere ombrose con vocals che scivolano come vipere insinuandosi in un pattern di riff e doppiacassa coriaceo come non mai.
"Words Of Wisdom" conclude momentaneamente l'esibizione per poi cedere la poltrona all'encore, composto dalla stratosferica "Pisces", ormai un must di tutti i live della band e dalla massacrante "Captain Clock" che, con le sue influence thrash e hardcore, spara tutte le cartucce dando il colpo di grazia definitivo.
Photo credits: Oleg Rooz
"Alive In Melbourne" certifica nettamente quanto i Jinjer possano tener testa senza alcun problema ai grandi nomi della musica metal in ambito live. Una vera e propria montagna russa del terrore quella costruita dal quartetto ucraino, che sembra non aver alcun timore di suonare davanti a migliaia di persone pezzi tecnicamente assai complessi che in questo live sono eseguiti in maniera cristallina, con una resa da studio album.
"Alive In Melbourne" è un ottimo antipasto da assaporare a stomaco vuoto in attesa di un 2021 che, si spera, possa riportare miliardi di persone al di sotto di un palco. I Jinjer, nel frattempo, rimangono chiusi nelle loro case, in attesa di essere, incautamente, liberati.