Appartenenti ad un periodo nazionalmente chiaroscuro e musicalmente incantevole, sciolti nel 2004, scomparsi e improvvisamente, rumorosamente, dannatamente ritornati nel 2013. È giunto ora il tempo de “Il Seme Della Follia”. Il ritorno sulle scene dei Peter Punk fa piacere, fa sorridere, fa ballare, e stavolta fa addirittura pensare. La storica formazione trevigiana propone il quarto capitolo della propria travagliata carriera: si tratta di un album di note sfacciate e fotografie malinconiche che catturano la società odierna, che si lascia pigramente travolgere dal cataclisma mediatico, dagli eroi della rete, dall’inerzia dell’abitudine. E della follia che diventa sempre più ordinaria.
I Peter Punk regalano un disco polifunzionale suddiviso, ancora, in tre filoni logici: quello dell’impatto istantaneo di “Sasha Grey”, “Nucleo Storico” e della paurosa famiglia dei “Trashers”, quello attuale e classicheggiante che si contrappone al “Panico” della crescita, e quello autobiografico e caloroso del sogno che vive in chi suona.
La classe dei Peter Punk sta nel fondere caoticamente provocazione e trash, invettiva e condanna, urla e cori, isteria e apatia, in un concentrato HC/Punk che sovente e volentieri si miscela a melodie Ska e Alternative, senza mai perdere la propria identità perché la tricotomia stessa tra sottigliezza, valore e aneddoto è la sintesi delle sonorità della band.
“La strada che ho scelto io non la lascio più”.