HK119
Imaginature

2013, One Little Indian
Indie

Recensione di Fabio Rigamonti - Pubblicata in data: 08/04/13

HK119 non ce la fa proprio per nulla ad essere ordinata ed omogenea. A partire da quell’acronimo tanto esotico quanto straniante scelto come nome d’arte – e dietro cui si nasconde Heidi Kilpeläinen, poliedrica artista multimediale indicata da Björk come sua cantante preferita e da lei messa sotto contratto nella sua etichetta discografica – per arrivare alla cover di questo terzo episodio “Imaginature”, patchwork impazzito ed indecifrabile che rispecchia perfettamente la personalità variegata di Heidi. Con queste premesse nella superficie, come volete che sia la musica?

Per tentare di rispondere in modo efficace alla domanda appena posta, credo si possa procedere affermando che stavolta siamo di fronte ad un electro-pop paludoso, solenne e totalmente impressionista, poco incline alla struttura strofa-ritornello immediatamente decifrabile, ma non per questo privo di melodiosa musicalità. Per fare dei paragoni, bisognerebbe immaginare la Kate Bush più schizoide (quella poco “Babooshka” ed “Heatcliff” e molto “Washing Machines” e “3.1415926535897932….ecc.”) a fare da chierichetta presso una messa cantata dai Dead Can Dance. Se riuscite ad immaginare la scena, avrete praticamente scritto da soli la recensione di questo lavoro, e giungerete alla naturale conclusione che siamo anni luce distanti dalle accomodanti atmosfere glamour-chic da old disco che caratterizzavano il parto precedente dell’artista.

Secondariamente, si giungerà all’ovvia conseguenza che “Imaginature” non è per questo disco semplice, quasi come una personale sfida lanciata da HK119 con sfrontata dedizione nei confronti della sua stessa arte, basta ascoltare gli inserti in latino in “Snowblind” totalmente alieni, o la cantilena spagnola in pieno stile ethereal folk su “Adalison”. Questo è un disco che non necessita di un ascolto per essere capito, e nemmeno di tre; probabilmente, la rilettura deve essere costante nel tempo ed assolutamente fidelizzata. Praticamente, uno sforzo immane ed un’utopia in quest’era dominata dal mordi e fuggi della libreria da oltre 20 milioni di brani di Spotify costantemente a disposizione di chiunque. Ciononostante, questo ennesimo passo su un diverso sentiero tracciato dall'estrosa HK119 non deve essere visto come sterile esperimento fine a se stesso, quanto come un tassello di estrema coerenza in un voto artistico di estrema incoerenza e, per questo, meritevole di assoluto rispetto.

…Certo che almeno un ritornello familiare a cui fare affidamento nei momenti di maggior sconforto avrebbe fatto comodo, ma “C’est la vie my boy, you’ve got to be human" (after all).




01. Wild Grass
02. Snowblind 
03. Hide 
04. Milky Way
05. Whale 
06. Iceberg
07. Adalison 
08. Moss 
09. Spring 
10. Rain 
11. White Owl 

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