"Unleash the savage instinct."
Con queste parole profetiche ed esplicative si apre il breakdown di "Instinctive (Slaughterlust)", prima traccia dell'ultimo lavoro in casa Hatebreed, da anni accoccolati sotto l'ala protettiva di Nuclear Blast. Che gli Hatebreed siano stati sempre piuttosto espliciti e diretti nei loro testi è piuttosto risaputo e anche nel neonato "Weight Of The False Self" il copione rimane inalterato: con oltre un quarto di secolo di carriera alle spalle, i mastini di Jamey Jasta continuano a far sgorgare energia positiva riversandola su basi che spaziano dal più veloce hardcore old school ai mid-tempo più corpulenti e spigolosi. "Weight Of The False Self", quindi, è tutto ciò che potevamo aspettarci dagli Hatebreed. O forse manca qualcosa?
La già citata opener è benzina pura che riaccende un fuoco, ormai placato, appiccato con il precedente "The Concrete Confessional". Frank Novinec e Wayne Lozinak tornano a picchiare duro sulle sei corde con riff affilati, Jamey Jasta sputa fuori il solito carico di carisma in "Let Them All Rot", traccia massacrante che, da metà in poi, risulta ancor più possente grazie a una riduzione di velocità. La title track è un manifesto di concretezza e determinazione, con un ritornello sfornato ad hoc per i live show e un testo motivatore che, se vogliamo essere franchi, si delinea abbastanza insipido. "Cling To Life" si presenta, invece, come un pezzo più melodico, con un notevole assolo che genera un po' di luce nell'oscura gravezza del plot. "A Stroke Of Red" riesuma il lato dark e groovy del quartetto ed è il brano di preparazione alla fulminea "Dig Your Way Out", che evoca l'animo hardcore puro degli Hatebreed, mixato a dovere con una buona dose di thrash metal. Non si rallenta con la successiva "This I Earned", mentre la più ragionata "Wings Of Vulture", con la sua invettiva contro forze maligne di ogni genere che infestano quotidianamente la nostra vita, risulta uno dei pezzi più interessanti del lotto. "The Herd Will Scatter" e "From Gold To Gray" proseguono il copione senza uscire dai confini, per poi concedere la chiusura alla minacciosa "Invoking Dominance".
"Weight Of The False Self" è l'ennesimo incudine gettato sulla folla dalla band del Connecticut: già dalla prima nota si riconosce un marchio di fabbrica ormai consolidato e intoccabile. Gli Hatebreed o si amano o si odiano e, purtroppo, non ci sono mezze misure. Il nuovo album prende, accartoccia e tritura le nostre povere orecchie, come d'altronde accade da ormai 26 anni, ma si può affermare, dopo svariati ascolti, che non riesce a superare il livello del predecessore. Se "The Concrete Confessional", difatti, riusciva a coivolgere per tutta la durata del disco, in questo troviamo dei momenti lievemente sotto tono, soprattutto verso la parte finale. Detto ciò, "Weight Of The False Self" rimane un buon disco, prodotto egregiamente e che alimenterà indiscutibilmente la vostra voglia di scuotere la testa e smuovervi come ossessi. Non alzate troppo il volume, o rischierete di farvi male.