In eco alla promessa di quei "complici e simili da credere alle favole" ritratti dai Negrita in "Non ci guarderemo indietro mai", quella condensata nella più recente uscita dei nostrani Gli Occhi Degli Altri, "Non ci annoieremo mai", appare, fin dalle prime battute, di più modesti intenti. A partire dalla intro, atta a manifesto della loro poetica, debitrice della dottrina dei Massimo Volume, la band lombarda si confessa sopravvissuta ma imbrigliata da spettri d'intrinseca e prematura sconfitta esistenziale:
"Scriviamo canzoni per non morire lentamente, per fissare nella mente ogni ricordo, ogni caduta, ogni sguardo, è la consolazione che insieme si può andare oltre"
L'innegabile verve che affiora già nel primo singolo estratto "Anche Stanotte", in cui trova voce il disagio giovanile tradizionale del più classico indie tricolore, è il riscaldamento in preparazione alla più movimentata e degna di nota "Deepinto". Si torna quindi al loop di dubbi in cui si macerano i naufraghi di "Manchester", fallito episodio d'aspirante ipnotismo. Il tutto si riprende grazie alla netta linea d'immediate assonanze tirata da "Piove Dentro" la quale offre, soprattutto sul finale, strumentale, un barlume di speranza. Le soluzioni melodiche e delle chitarre offrono infatti uno scorcio di potenziale che meriterebbe di venir estratto da sotto la pila di voci a mo' di Stato Sociale. La scia di lucciole per uscire dal tunnel si snoda quindi tra i battiti dei malfunzionamenti interiori della breve ma intensa "Alieni", sfumata nel riverbero che apre la successiva "Ritmi Diversi" nella quale si osa maggiormente, coraggio che verrà sicuramente ripagato in sede live.
Il tutto si conclude poi in una notte insonne di tarda estate, "a piedi nudi sull'asfalto", nella non-title track "Lo-Fai" la cui chiusura è lasciata a quelle corde che tengono su l'intero spettacolo di marionette in cerca d'emancipazione più che d'autore. Eppure ancora zoppicano, zavorrate da un bagaglio lirico ahimé gravoso nella sua banalità. L'augurio è che il nuovo anno spinga il collettivo Mangiafuoco ad alleggerire la compagnia dall'esasperata ripetizione proposta in buona parte dei pezzi, lasciando spazio al buono che si sente in sottofondo, affinché emerga una volta per tutte.