Gamma Ray
Empire Of The Undead

2014, earMUSIC/Edel
Power Metal

Kai Hansen risorge dalle sue ceneri.
Recensione di Marco Ferrari - Pubblicata in data: 28/03/14

Dopo due ottimi EP e un altrettanto eccelso live album vede finalmente la luce il nuovo lavoro targato Gamma Ray. “Empire Of The Undead” ha visto una genesi decisamente lunga (sono passati ben quattro anni da “To The Metal”) e tormentata: dall’abbandono dell’ormai storico batterista Dan Zimmerman fino all’incendio dello studio di registrazione di Kai Hansen, il rinnovato quartetto tedesco ha dovuto affrontare non poche (dis)avventure.
 
L’undicesima fatica in studio dei Gamma Ray porta con se non pochi timori se analizziamo il recente passato della band che nell’ultimo decennio sembrava aver perso per strada la sua ispirazione. Dopo un periodo così lungo di appannamento non è certo facile ritrovare la via maestra, ma quel piccolo genio di Kai Hansen è riuscito a tirar fuori l’ennesimo coniglio dal suo cilindro magico. Come? Cambiando, portando innovazione e ringiovanendo la propria musica, guardando dritto dritto… al passato. Ovviamente non stiamo parlando di una rivoluzione copernicana, ma parlando di una band solidamente ancorata alle proprie basi, il cambiamento ha quasi del clamoroso.
 
Messa da parte la doppia cassa “sempre e comunque” e la ricerca spasmodica della melodia a favore di un ritorno a sonorità più marcatamente heavy, la nuova direzione intrapresa dai Gamma Ray si concretizza da subito in “Avalon”, lungo brano d’apertura di oltre 9 minuti. Forse la canzone non sarà energica come “Armageddon”, oppure sognante come “Rebelinio in Dreamland”, ma si lascia apprezzare per la sua articolata struttura che trova nei passaggi prettamente musicali il suo punto forte. Il brano è ricco, cadenzato, e melodico il giusto e riesce nel non cadere nel trabocchetto del “già sentito”. La successiva “Hellbent” è un brano di rara potenza che sembra uscito direttamente dall’era “spaziale” della band (“Somewhere Out In Space” – “Powerplant”), ma se l’inizio del platter appare positivo è con i pezzi che seguono che Kai Hansen scrive un pezzo di storia dei Gamma Ray.
 
Con “Pale Rider” il suono si fa decisamente secco, tagliente e ritmato e da vita ad una versione moderna di hard & heavy che racchiude il meglio della nuova forma musicale del quartetto di Amburgo. Ovviamente sono ben presenti fortissime influenze da parte dei Judas Priest (e non solo,in questo pezzo), ma il tutto suono assolutamente convincente e appassionante: un brano che di certo sarà lungamente presente nelle setlist live della band. La struttura musicale spigolosa non si limita a “Pale Rider”, ma è riproposta anche in brani come “Demon Seed” e la conclusiva “Built a War” che presentano riletture moderne e potenti del classico suono heavy metal per un risultato sorprendente in cui la produzione gioca un ruolo fondamentale.

Sarà per la ritrovata varietà della sessione ritmica (ormai da troppi anni stereotipata e monotona), ma l’album risulta suonato magistralmente e con una produzione mirata che ben esalta i singoli passaggi. Trattandosi di Gamma Ray non possono comunque mancare i brani più veloci e spensierati e mentre di “Master Of Confusion” ed “Empire Of The Undead” si è già detto tutto (sono entrambe presenti nell’EP uscito lo scorso anno) e si confermano come brani di assoluto spessore, la bella sorpresa è rappresentata da “Born To Fly”, nella quale Kai Hansen trova un ritornello da pelle d’oca.

Probabilmente se questo “Empire Of The Undead” avesse mantenuto la qualità dei primi sei pezzi anche nella seconda parte del disco oggi staremmo qui a parlare di un nuovo capolavoro e di un nuovo punto di riferimento per tutto il power metal, ma ahimè non è così. Resta comunque l’impressionante lavoro di cambiamento e crescita del sound che seppur ricco di contaminazioni (eccessive?) da parte di band quali Judas Priest e Queen (influenze comunque da sempre presenti nel sound del Raggio Gamma), non cade nel banale ed anzi dona nuova energia ad una band che abbiamo dato sin troppe volte per finita. Il padre del power metal europeo ha deciso che era tempo di cambiare e, come sempre, ha fissato un nuovo punto di partenza. Che il viaggio, quindi, continui ancora a lungo e non importa se ci porterà in una nuova terra della libertà o nello spazio più profondo: con “Empire Of The Undead”, Kai Hansen ci ha riacceso la fantasia, e ora tutto è possibile.




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