Se Alexandre Dumas avesse scritto "I Tre Moschettieri" nel 2018, il celebre motto "tous pour un, un pour tous" sarebbe stato sostituito dal ben più battagliero "Forever Warriors, Forever United": del resto titolo e artwork dell'inedito doppio LP di Doro, giunta ai sette lustri di attività, testimoniano come esista la possibilità di coprirsi di gloria imperitura marciando compatti sotto l'illustre bandiera dell'heavy metal. Genere che, nella nuova fatica della Regina tedesca, non pare tuttavia godere di ottima salute, oscillando pericolosamente tra il classico e l'obsoleto: un'opera realizzata alla stregua di vetusto monumento in onore della propria carriera piuttosto che a vantaggio dei padiglioni auricolari degli ascoltatori.
Certo, non vogliamo gettare la scure sugli sforzi della singer, sicuramente encomiabili, e in verità qualche brano non delude le aspettative, eppure il momento aureo della Pesch si rivela purtroppo trascorso da un pezzo: l'esorbitante parterre di ospiti presenti non aggiunge pressoché nulla al valore del platter e semmai conferma la necessità di accatastare nomi altisonanti per nascondere le lacune di un songwriting autoriciclato. Basta inserire il disco e schiacciare il tasto play per capire subito da che parte tira il vento: l'opener "All For Metal", pregna di una subisso di noti musicisti (Mille Petrozza, i Sabaton al completo, il compianto Warrel Dane e tanti altri) e ricco di arcaici cori a là Manowar, adempie alla sua funzione di anthem senza però provocare particolari odi di giubilo, alla pari di una "Blood, Sweat And Rock ‘N 'Roll" che sembra scritta dagli Warlock fuori tempo massimo.
Insoddisfacenti la rivisitazione di "Don't Break My Heart Again" degli Whitesnake e la motörheadiana "Lost In The Ozon", mentre rasentano il kitsch "Love Is A Sin" e la bonus track "Caruso", piatta interpretazione dell'evergreen di Lucio Dalla. Avvincenti invece le chitarre serrate dell'aggressiva "Bastardos" e gli scambi vocali con Johan Hegg degli Amon Amarth in "If I Can't Have You - No Will". Discrete vibrazioni anche per la sostenuta "Living Life For The Fullest", sentito omaggio al grande amico Lemmy: poco, comunque, per un album che supera abbondantemente i settanta minuti di durata.
Dipingere un paesaggio con ogni dettaglio al posto giusto non significa creare arte: a "Forever Warriors, Forever United", impeccabile dal punto di vista professionale, non soltanto manca quel quid necessario a porlo sopra la media dei prodotti del settore, ma soprattutto sembra arrivare sul mercato con trent'anni di ritardo. Che Doro rifletta.