Foals
Holy Fire

2013, Transgressive Records/Warner
Indie Rock

Il terzo lavoro in casa Foals cade nella trappola di una sperimentazione priva di personalità
Recensione di Chiara Frizza - Pubblicata in data: 24/02/13

Terza uscita discografica per il quintetto di Oxford (Regno Unito), che rilascia il nuovissimo “Holy Fire” l’11 febbraio scorso, sotto la Transgressive Records. Inaugurato dai demo prodotti a inizio 2011 a Sydney, in Australia, il processo di composizione e produzione dell’album è stato piuttosto lungo. Per i primi mesi, la band si è limitata a lavorare su remix di propri brani già esistenti insieme al produttore Jono Ma (Lost Valentinos), che ha guidato i cinque all’apertura verso l’utilizzo di nuovi strumenti  e verso nuove influenze e possibilità da esplorare in questo nuovo disco. Il passo successivo è stato quindi l’accumulo di sample, sintetizzatori, drum machine e ripetizioni sonore da poter utilizzare durante la fase di registrazione. Quest’ultima, conclusasi nel 2012, ha permesso poi ai Foals di intraprendere un tour inglese nei mesi di novembre e dicembre oltre che di anticipare la release con “Inhaler” e “My Number”, primi due singoli estratti dall’album rispettivamente il 5 Novembre e il 17 Dicembre 2012.

Le atmosfere a tratti nervose a tratti oscure e il sound 80s presentati dai due singoli trovano conferma nel resto del disco, in un eclettico mix di chitarre distorte, sintetizzatori quasi da dance music (“Bad Habit”, la depechemodiana “Everytime”) e intro cupe (“Late Night”). Non mancano brani più delicati come “Stepson” e la conclusiva “Moon”, che si apre in sordina con una parte strumentale a tinte dark, il cantato dalle tonalità basse e l’evocativo outro, che tutte insieme ricordano le sperimentazioni malinconiche e grevi degli Smashing Pumpkins in “Adore” (1998). E’ questa somiglianza che getta un’ombra su quanto proposto da questo “Holy Fire”: nel complesso, si tratta di un album ben prodotto, ma forse poco personale o nel quale l’elemento personale, il tratto distintivo dei Foals che li distingue da altre band, non è stato incanalato al meglio nelle tracce che lo compongono. Del resto, la spinta alla sperimentazione e all’esplorazione di ambiti musicali poco conosciuti ha proprio questo lato negativo: il cadere in un mondo vasto, sì, ma anche in gran parte già esplorato, e gli inglesi non riescono ad evitare la trappola.



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