Fast Animals And Slow Kids
Alaska

2014, Woodworm
Alternative Rock

Recensione di Francesco De Sandre - Pubblicata in data: 18/10/14

Una delle uscite tricolori più aspettate ed entusiasmanti dell'autunno è il nuovo album dei Fast Animals And Slow Kids. Il seguito del ben riuscito Hybris è Alaska, della cui genesi abbiamo discusso assieme ad Alessio Mingoli, batterista. Questa recensione è invece opera di Anna Sabbadin, ripescata dai poghi sotto ai palchi dei FASK nonchè responsabile del blog Music's Smacks.

 

Voglio farmi del male.

 

Faccio partire Alaska, per l'ennesima volta da quando è uscito, il terzo giorno di questo mese. Il problema di questo album è che ti fa venire il nodo alla gola perché parla direttamente a te e della tua vita, ed è pressoché il motivo per cui tutti in questo momento vorrebbero odiare i Fast Animals and Slow Kids ma non possono, perché è un disco troppo bello.

 

Le scuse di Overture "Scusa mi lascio andare un po'" non sono accettabili. Perché a vent'anni, ma anche a cinquanta, tale sfogo emotivo cerca solo una scintilla per poter bruciare e basta aspettare l'esplosione che avverrà solamente 3 minuti e 11 secondi dopo, per sentirsi il fuoco nell'anima. I nostri amici si sono accorti che i suoni opulenti e pomposi di Hybris non sono poi così fastidiosamente tracotanti (come piace dire ad Aimone), tanto che hanno pensato di continuare a correre sullo stesso filo conduttore, solo con molta più rabbia, delusione ed energia a volte negativa. Così da farlo ondeggiare questo filo, pericolosamente. E dato che l'equilibrio non è certo una caratteristica dei nostri Animali Veloci, il filo ondeggia così freneticamente che precipitano dallo stesso, inneggiando una "Odio Suonare" dal significato degno del migliore romanzo Kafkiano.

 

Poi me li immagino i FASK, rinsaviti dopo la caduta, in riva ad un fiordo nordico, a fissare un mare piatto, un mare proprio del cazzo, in stile "Monaco in riva al mare" di Caspar David Friedrich a chiedersi se quel mare, piatto triste e immobile sia l'unica soluzione, o semplicemente quella più facile da scegliere. Il tutto mentre Maria Antonietta sembra uscire direttamente da Hybris per rispondere al suo aguzzino tramite le urla di "Te lo prometto".

 

I brani dell'album sono le parole di una persona arrabbiata a morte. Si susseguono cominciando piano, quasi avvisandoti che starà per accadere qualcosa a meno che tu non faccia alcunché per evitarlo. Urlano le proprie note da un luogo distante che immaginiamo arido e freddo, aspro, passando per la casa altrettanto poco accogliente de Il Vincente, una ballad po' più rilassata nei toni, con delle fantastiche dissonanze, ma sempre pungente nei concetti ribaditi fino all'ultimo. Infine si abbandonano in un'ultima sfuriata, Grand Final, giusto per chiarire la situazione.

 

Volendo puntualizzare, questo album non ha creato uno stacco netto come quello che c'è stato in precedenza tra Cavalli e Hybris, e questo potrebbe aver deluso qualcuno, ma è comunque evidente un'evoluzione di sonorità, ritmi più battuti e pensati, voci meglio organizzate e sicuramente una qualità a livello tecnico di registrazione superiore.

 

Corrono gli Animali e non c'è tempo per aspettare qualche grasso bambino lento. L'unica cosa da attendere ora è il momento giusto per romperci le braccia sotto a quel palco dove, se non lo siamo già, possiamo diventare uno di loro.

 

"Sarai uno di noi

Sarai uno di noi

Con le mani legate

Ma le braccia rotte

Per la foga con cui

Stai sciogliendo le corde"





01. Overture
02. Il Mare Davanti
03. Come Reagire Al Presente
04. Coperta
05. Te Lo Prometto
06. Calci In Faccia
07. Con Chi Pensi Di Parlare
08. Odio Suonare
09. Il Vincente
10. Grand Final

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