Billy Idol
Kings & Queens Of The Underground

2014, BFI Records
Rock

Recensione di Stefano Torretta - Pubblicata in data: 21/10/14

Anche le rock star invecchiano, e tutte passano prima o poi per quel particolare momento della propria vita dove lo sguardo è sempre più spesso rivolto verso il passato, verso i momenti di gloria che purtroppo sono solo un ricordo, verso quegli anni durante i quali sembrava sempre così facile scrivere canzoni di successo e nessuno immaginava che la vena creativa prima o poi si sarebbe esaurita. William Michael Albert Broad, molto più comunemente conosciuto come Billy Idol, arrivato ormai ad un passo dai 60 anni (ne compirà 59 alla fine di novembre) non deve aver fatto pensieri molto diversi, visto il contenuto del suo nuovo album “Kings & Queens Of The Underground”. Questi non sono più gli anni del successo planetario, dei classici (da “Rebel Yell” a “Cradle Of Love”, da “White Wedding” a “Shock To The System”), delle sregolatezze da ex punk (come i 250000$ di danni causati nel 1989 nella suite di un hotel di Bangkok dopo tre settimane di sesso e droghe). Sono invece gli anni della maturità, magari anche del declino, il termine di una lunga e soddisfacente carriera. Ma essendo Billy Idol quello che è, di andarsene in silenzio proprio non ha voglia, ed ha tutta l’intenzione di dire la sua ancora una volta, e lo fa con un album lontano, concettualmente, dagli sfarzi e dalle energie dei suoi anni d’oro, lanciando uno sguardo al proprio passato, a metà strada tra il ricordo ed il rammarico, ed essendo sempre stato, il nostro caro signor Broad, un grandissimo egocentrico, anche in questo caso lo fa senza troppa modestia.

“Kings & Queens Of The Underground” è un album che guarda sì al passato, ma che purtroppo lo tralascia quasi completamente, focalizzandosi principalmente su brani più lenti, delle ballad che si prestano bene ad un discorso celebrativo e quasi intimistico, ma che non mostrano i tratti caratteristici dello stile di Billy Idol. Un grandissimo punto a sfavore dell’album è la produzione ad opera di Trevor Horn, famosissimo musicista e produttore che ha prestato il proprio tocco a moltissime star della musica pop durante gli anni ’80. Purtroppo anche per il nuovo album di Idol non si è allontanato dalla propria visione un po’ plastificata e retrò, non rendendo così giustizia ad un album tutto sommato onesto e di buona fattura. Come già si diceva, il tempo dei capolavori è ormai passato, ma fortunatamente il nostro ex punk preferito è ancora capace di dare alle stampe un disco che si fa ascoltare senza problemi. Per un aspetto negativo, vi è comunque un aspetto positivo, che va cercato nella presenza di Steve Stevens alla chitarra, ancora capace di realizzare eccellenti assoli (per esempio quello presente in “Postcards from the past”) e solidi riff.

L’album si apre in modo più che ottimo con “Bitter Pill”, che mostra lontani echi del suo tipico stile, quella commistione tra pop e punk che ha dato alla luce i suoi migliori brani. Brano decisamente piacevole anche se molto “addomesticato” rispetto ai suoi più illustri antenati, ed esempio perfetto per segnalare i due capisaldi del disco, ovvero l’ottimo lavoro alla chitarra di Stevens lungo tutta la tracklist e la voce di Idol, sempre magnetica, sempre potente e profonda, capace di adattarsi ai diversi registri, sia nei momenti più introspettivi che in quelli più scatenati. Si prosegue con “Can’t Break Me Down”, un misto tra i tipici elementi alla Idol e l’usuale lavoro di Horn, purtroppo, che la fa suonare un po’ troppo commerciale e stucchevole, soprattutto nel ritornello. “Save Me Now” è un piacevole salto nella new wave anni ’80, ed un passo in avanti rispetto al brano precedente. “One Breath Away” ci mostra il lato più sperimentale di Idol, strutturato su un beat elettronico. Degno di nota l’assolo. “Postcards From The Past” è il figlio legittimo di “White Wedding” e di “Rebel Yell”, uno dei pochissimi momenti in tutto l’album nel quale riappaia, anche se solo fugacemente, il Billy Idol del passato, il selvaggio del rock. Si cambia completamente atmosfera con la successiva “Kings & Queens Of The Underground”, brano lento per voce e chitarra, dove l’artista rilegge la sua carriera, citando anche apertamente i titoli delle sue canzoni. Lo sguardo di Idol si alterna tra il piacere del ricordo mitizzato dal passare del tempo e tra la tristezza di ciò che è stato e mai più tornerà. Una canzone alquanto riuscita (grazie anche all’innesto di interessanti elementi sinfonici), nonostante presenti dei testi a dir poco imbarazzanti ed il fatto che mister Idol, con i suoi trascorsi da rock star su MTV, difficilmente abbia mai fatto parte dell’underground, nemmeno ai tempi dei Generation X. Ulteriore lento con “Eyes Wide Shut”, forse il brano meno incisivo di tutto l’album. “Ghosts In My Guitar”, ulteriore brano a bassa velocità, dove a farla da padrone sono la voce di Idol e la chitarra di Stevens, ci mostra il lato più vulnerabile del cantante, con il ricordo per due suoi amici scomparsi. L’accoppiata “Nothing To Fear” (alquanto deboluccia) e “Love And Glory” continua a mantenere bassi i giri, e si segnala per evidenti influenze derivate dagli U2. La chiusura dell’album è lasciata alla notevole “Whiskey And Pills”, dove Idol torna a viaggiare su ritmi notevolmente più veloci e sfoggia nuovamente i suoi classici screaming. Argomento molto personale, legato ai vizi ed alle dipendenze, quegli stessi che nel 1994 l’hanno portato in overdose. Vizi e dipendenze che comunque il cantante non ha mai ammesso di avere abbandonato completamente. Brano veloce, energetico ed ignorante, peccato non averne trovati molti altri di questo stile nell’album.

Che Billy Idol non sia un artista ormai finito è ben mostrato dal livello qualitativo dei brani presenti, quasi tutti di buona fattura (se ne possono giusto segnalare due che potevano anche non giungere nel prodotto finito), e questo album in uscita, insieme all’autobiografia da poco sugli scaffali ed ai numerosi concerti in giro per il mondo ci mostrano come l’interesse del pubblico verso di lui sia ancora ben lungi dall’essersi esaurito. “Kings & Queens Of The Underground” non è il ritorno a sonorità violente e sfrenate che in molti avrebbero ancora una volta voluto sentir provenire da un disco di Idol, ma è un ottimo segnale della vitalità del cantante inglese. Il tempo passa, la ribellione viene, purtroppo, abbandonata, ma la magnifica voce di Billy Idol è ancora capace di incantare gli ascoltatori e di far viaggiare nel passato con la mente tutti quei suoi fan che ormai incominciano ad avere una certa età e che come lui si ritrovano a fare un bilancio della propria vita.




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