Ci sono inni possenti quali "Warrior" e "Conqueror" ma a intonarli non è un'armata, ma un'ambasciatrice di speranza. Giovane, pura, sfacciata. Venti, gli anni compiuti alla pubblicazione del primo album All My Demons Greeting Me as a Friend: ne aveva diciassette quando venne accolta nell'etichetta Decca. Spiccano maestosi come vulcani i fiordi norvegesi sulle note candide e travolgenti di Aurora Aksnes, una che nella musica è nata e che della musica vuole farne parte con la personalità di un'artista già matura. Il suo esordio è sì un condensato di Dylan, Cohen, Welch e Bjork, ma mantiene una integrità di fondo così personale, così teatralmente sincera da rivelarsi attrattivo e carismatico.
Da segnalare in una tracklist di dodici brani - diciassette, non a caso, se contando l'espansione nella Deluxe edition - una cover magistrale degli Oasis, una canzone che parla di morte che in terra norvegese è singolo nazionale, la riproposizione di alcuni pezzi con cui, nei precedenti lavori (un singolo ed un Ep, entrambi autoprodotti), Aurora si è guadagnata notorietà ed apprezzamento, fino al premio per il miglior esordio nel 2015 agli Spellemannprisen. Dream Pop? Soul? L'uso dei synth è totale ma non è l'elemento di forza di un disco, di un'essenza in cui la voce, e quindi la persona accerchiata da preoccupazioni e tormenti, torna al centro dell'essere. Correre con i lupi da oggi è più facile. Il prodigio del Pop scandinavo è uscito dal bozzolo.