Quella di Roberto Tiranti è ormai una figura del tutto familiare per appassionati e addetti ai lavori, assieme a quella poliedricità che ha caratterizzato tutta quanta la carriera dell'ex Labyrinth. Con il progetto Wonderworld il suo percorso artistico assume una sfaccettatura del tutto nuova; sarebbe troppo facile ricondurre il monicker all'omonimo disco degli Uriah Heep, a suo tempo vero e proprio spartiacque nella carriera della band inglese. Una analogia stuzzicante che potrebbe calzare anche per la nuova creatura del singer, Wonderworld richiama infatti elementi importanti nella formazione stilistica di Tiranti, presentandoli però in una veste del tutto personale, senz'altro moderna e che, vale la pena sottolinearlo, non ha quasi punti di contatto con le esperienze precedenti.
Volendo azzardare un termine di paragone il ricorso va allo stile asciutto e diretto dell'ultimo Glenn Hughes (altra grande influenza, soprattutto nelle vocals), quello di "Songs In The Key Of Rock" per intenderci. Ma Wonderworld non è un'operazione di mera nostalgia: accompagnato da un eclettico duo di musicisti norvegesi, il power trio ci regala un'ora di rock diretto e senza fronzoli, tanto votato al refrain ammiccante quanto allo spiccato gusto per gli arrangiamenti. In mezzo a partiture hard blues, curiose melodie orientali ("It's Not Over Yet") e citazioni di Edvard Grieg, si guadagna la menzione il sopraffino guitar working del norvegese Ken Ingwersen, straordinario talento capace non solo di coprire i potenziali vuoti di una formazione essenziale, ma di regalare autentici guizzi di genio come il solo di "Elements", punta di diamante della triade iniziale che rappresenta, almeno per chi scrive, la parte più pregiata di tutta l'opera. Perché pur regalando momenti di grande esaltazione, la seconda opera del trio arriva al traguardo con il fiato un po' corto, perdendosi sul finale su brani non certo brutti, ma forse privi di quei guizzi che caratterizzano le prime tracce.
Oltre ad essere un disco di levatura eccellente, "II" è un mirabile esempio di hard rock italiano, come sottolineato dallo stesso Tiranti, la prova che anche noi italiani al momento giusto sappiamo dire la nostra. Tiriamo fuori la voce (e le orecchie) dunque, e diamo una chance al meraviglioso mondo dei Wonderworld.