Steve Hackett
The Night Siren

2017, Inside Out
Progressive

Il prog che salverà il mondo...
Recensione di Luca Ciuti - Pubblicata in data: 25/03/17

In direzione ostinata e contraria. Più che uno slogan, un verso capace di racchiudere il significato di un'intera carriera votata all'anticonformismo e alle scelte controcorrente. Sono giorni di muri, migrazioni, tensioni razziali e grandi questioni, quelli in cui vede la luce il venticinquesimo disco in studio di Steve Hackett. L'ex Genesis prolunga il suo connubio con la World Music sull'onda dei consensi raccolti con il precedente "Wolflight", e non è un caso che scelga di farlo in un momento storico come quello attuale. Attingendo dai racconti di viaggio e dalle tradizioni dei popoli, il chitarrista britannico utilizza un linguaggio che resta ancora quello più efficace per raccontare un'epoca così complessa.
 
Guai però a considerarlo  alla stregua di un Peter Gabriel della second'ora; Steve Hackett è ancora agli occhi di tutti il legittimo erede di quei dischi che nella prima metà degli anni '70 gettarono una luce nuova sul mondo del progressive rock e non solo. Le commistioni, i viaggi, i crocevia culturali sono l'humus da cui il musicista britannico decide di attingere, mischiando le due tradizioni con risultati a dir poco straordinari. "The Night Siren" è quanto di più indefinibile possa essere partorito se non da un musicista contemporaneo, da un chitarrista quasi settantenne con una voglia matta di sperimentare. Il disco è il risultato (talvolta bizzarro) di questo approccio multiculturale in cui convivono sia i trascorsi musicali del chitarrista, sia le influenze di musicisti, situazioni e stili differenti. Così fra un inserto di cornamuse, durissimi tappeti di sintetizzatori, maestose sinfonie di archi, roboanti percussioni provenienti da chissà quale remoto angolo del pianeta, si insinuano ficcanti gli esplosivi fraseggi della sei corde di Hackett che con poche note e tanta maestria riesce ancora una volta a condurci in mondi lontanissimi. Impossibile non citare la tellurica "El Nino" , istrionico mix di sonorità aggressive tali da fare impallidire gli alfieri del neo prog rock. Non manca il lato più mistico, scandito ora dalla dodici corde di "Other Side Of The Wall" e dalle melodie folk di "Another Life" letteralmente strappate dalle verdi brughiere del Regno. Per quanto riuscito, "The Night Siren" non è solo un collage di situazioni musicali, ma un manifesto di imprevedibilità e tensione scandito da una miriade di passaggi cuciti ad arte da un artista capace di elevarsi ad autentico sperimentatore. Il disco è un continuo alternarsi di genio e bizzarria come nell'eccentrica "Anything But Love", in cui un elegante mosaico di chitarre gitane sfocia in una di quelle melodie pop che non dispiacerebbero a Sting, arricchite da strati di cori, assolo di armonica, e persino un fantastico cameo in fingerpicking. Si può chiedere di più? Per avere la risposta riavvolgere il nastro e posizionarsi sull'iniziale "Behind The Smoke", poderoso brano di un'epicità che si taglia a fette. La coralità delle intenzioni esplode nella magnifica "Inca Terra" in cui trovano posto strumenti a fiato di origine aborigena, trombe e più in generali strumenti a fiato, strumenti elettrici e chi più ne ha più ne metta: se "The Night Siren" fosse un'attrazione, sarebbe un parco a tema per musicisti. 
 
Steve Hackett codifica dunque il suo manifesto di fine carriera: l'esperanto musicale di "The Night Siren" sembra dettato più da una sincera ispirazione che da spocchiosi intellettualismi tipici di chi vuole a tutti i costi distinguersi dalla massa. Fra chi costruisce muri e chi ponti c'è sempre una bella differenza, anche quando a parlare è il pentagramma. Dice il diretto interessato che potrebbe essere il suo disco migliore e noi a questo giro puntiamo alto e non possiamo che dargli quasi ragione. Sempre, ovviamente, in direzione ostinata e contraria.




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