Decapitated
Organic Hallucinosis

2006, Earache
Death Metal

Recensione di Stefano Risso - Pubblicata in data: 28/03/09

Che sorpresa questo Organic Hallucinosis! Devo essere sincero, non mi sarei mai aspettato dai Decapitated un disco del genere, un lavoro tanto interessante quanto violento, in cui le enormi potenzialità dei nostri sono state finalmente espresse nel migliore dei modi. Ormai avevo perso la fiducia riguardo a questi giovani musicisti, constatando una perseveranza fin troppo eccessiva nel proporre nei tre dischi precedenti ad Organic Hallucinosis un brutal formalmente perfetto, ma privo di quella personalità da permettere ai polacchi il famigerato salto di qualità. Ora finalmente possiamo dire che questo salto è stato compiuto.

La ricetta vincente di questo album sta nell'aver miscelato in parti pressoché uguali il death metal senza compromessi caratteristico della band con elementi cyber thrash di scuola Meshuggah, donando alle composizioni una vena industrial, un mood futuristico e un'aurea apocalittica che non fanno altro che amplificare la furia sprigionata dai nostri. Immaginate riff stoppati, accenti ritmici sincopati, raffiche impazzite di doppia cassa, strutture intricate, tutto quanto sparato alla massima velocità, con un uso sapiente di rallentamenti e ripartenze fulminee da rimanere senza fiato. Tutto quanto è stato curato nei minimi particolari, una grande tecnica, su cui spicca il lavoro di Vogg alle chitarre, messa in funzione dell'immediata fruibilità dei brani. Questo è l'elemento più sorprendente di Horganic Hallucinosis: nonostante la complessità di alcuni passaggi, i brani rimangono impressi in memoria molto velocemente, acquistando vigore passaggio dopo passaggio.

L'identità dei Decapitated, nonostante le novità stilistiche introdotte, rimane definita e ben evidente. Non ci troviamo di fronte ad una snaturazione del sound o ad una semplice operazione copia/incolla; i nostri hanno saputo adattare alla perfezione le nuove influenze con il loro brutal ormai collaudato, che aveva bisogno di una leggera scrollata per poter finalmente librarsi in tutta la sua potenza. Immediatamente dalla prima traccia, A Poem About An Old Prison Man, si avverte questa nuova dimensione industriale, dove dopo un attacco solo all'apparenza "canonico", la traccia si sviluppa su coordinate contorte e imprevedibili, mantenendo una linearità incredibile. Lo stesso dicasi con le seguenti Day 69 e Revelation Of Existence (the trip), dove le chitarre esplorano territori che sembravano lontanissimi rispetto al "Decapitated sound" a cui eravamo abituati. Anche il cantato del nuovo arrivato Covan, si adatta al meglio, abbandonando il profondo growl del predecessore (Sauron) in favore di un timbro vocale più vicino ad un urlato alla Jens Kidman che ad un cantante death metal. Un disco che avanza senza interruzioni, snocciolando brani uno meglio dell'altro, fra gli scenari apocalittici introdotti da Post(?)Organic, l'incedere trascinante di Flash-B(l)ack e il groove di Invisible Control si è come rapiti da tanta chirurgica brutalità riversata contro di noi.

Non solo pura violenza, ma tantissima cura nel rendere il più coinvolgente ed organico possibile lo svolgersi del disco, grazie anche ad una produzione perfetta per il genere proposto. Finalmente il quartetto polacco (da cui ha preso le distanze recentemente il bassista Martin, sostituito da Richard Gulczynski) sembra aver trovato la giusta dimensione e la via per affermarsi come una delle band migliori della scena. Sicuramente uno dei migliori dischi dell'anno. Da avere.



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