Mentre procedevo, a fatica, nell’ascolto di questo “Damnation”, quarto episodio discografico dei norvegesi Gaia Epicus, non potevo fare a meno di constatare come fosse un album che, se dato in mano ad un pubblico non avvezzo a sonorità rock/metal, non possa ottenere alcun risultato se non quello di alimentare i pregiudizi anti-metal che il pubblico easy-listening imputa, spesso a torto (ma non in questo caso specifico), a noi poveri metallari.
Il genere proposto è difatti uno speed/power estremamente veloce, che ricorda da vicino i Dragonforce; tuttavia, se la band inglese è sì pacchiana e paradossale, ma estremamente tecnica e capace di scrivere canzoni molto godibili, con i Gaia Epicus di tutta quella tecnica non vi è traccia, e rimangono quindi solo i clichè del genere.
Volete la voce tonante che annuncia l’apocalisse? C’è. Volete suoni pirotecnici di esplosioni da “il mondo è in guerra”? Ci sono. Volete testi banali su quanto è brutto e cattivo il mondo, e quindi noi Gaia Epicus siamo incazzati e lo spacchiamo, il mondo? Ci sono anche quelli.
Tutto è già chiaro sin dall’opener “Damnation”, e non bastano i tentativi di innestare derivazioni folk in “A hero in all”, oppure quelle progressive ‘70s in “You are a liar”: questi tentativi sono dilettantistici, fallimentari a prescindere per via di una composizione davvero banale.
Fin troppo spesso, durante l’ascolto, non si potrà fare a meno di pensare: “Qui sembrano i Sonata Artctica dei poveri”, oppure “Qui sembrano i Dragonforce dei poveri”, oppure “Qui sembrano i Rhapsody (Of Fire) dei poveri”…insomma, sempre qualche band più o meno blasonata, con l’aggiunta costante della dicitura “dei poveri”.
Oltretutto, sui cori che infondono il power: farli a due/tre voci è di una tristezza immane, l’effetto è davvero da “osteria numero 5, parabonzibonzibò”, il che incrementa il fattore ridicolaggine della proposta.
Un album decisamente trascurabile quindi (se non per l’artwork sulla cover: davvero splendido, anche se scontato), utile soltanto a scatenare un po’ di headbanging casalingo col sorriso della parodia sulle labbra.
Onestamente però: non è una cosa per cui si dovrebbero pagare dei bei soldi…