I Cannibal Corpse sono l'esempio più lampante di come la coerenza a l'assoluta mancanza di cambiamento possa, raramente, diventare un punto di forza, un elemento caratterizzante che riesce, a distanza di quasi venti anni dal primo album, a destare sempre grosse attese a ogni nuova uscita. Un po' come la torta della nonna... potrà cambiare qualche ingrediente, ma ad ogni nuova fetta ritroveremo sempre quel gusto che ci ha accompagnato sin da piccoli.
E così è questo nuovo Evisceration Plague, ennesima testimonianza del perfetto funzionamento della macchina Cannibal Corpse, con tutti i tratti caratteristici di sempre messi in bella mostra, sempre “uguali” ma mai autoreferenziali, sempre protesi a nuove variazioni sul tema, in una parola: familiari. Quindi tutto bene direte voi... Le canzoni girano alla grande, l'album è bello vario, non mancano assoli funambolici, Fisher non perde un colpo, insomma, ci si diverte alla grande. Tutto questo sarebbe vero se non ci fosse stato Kill, che per la seconda metà della carriera della band, non è stato il solito buon disco, ma qualcosa che ha dato nuova luce ai Cannibal Corpse, ha svecchiato il sound, ha eliminato quella patina di stantio che gravava da troppo tempo, consegnando ai sostenitori un must al pari di perle come The Bleeding, giusto per fare un esempio.
Quindi Evisceration Plague paga dazio, a mio avviso, considerando il peso specifico del predecessore, soffrendo su tutti i fronti. È come se tutto quanto fosse tornato ai tempi pre-Kill, smussando la ferocia, l'esuberanza, la potenza incontrollata, l'estrema qualità di quel disco distribuita lungo tutta la sua durata. Una sorta di sequel in tono minore, che lascia se non l'amaro in bocca, un piccolo rimpianto, nel constatare che la nuova verve dei nostri si è nuovamente “affievolita”, assestandosi su un livello comunque più che dignitoso, e inarrivabile per il 90% delle band in circolazione.
Forse sto giudicando Evisceration Plague con troppa severità, in fin dei conti, pezzi come Priests of Sodom, To Decompose, Shatter Their Bones, o Skewered from Ear to Eye, fanno la felicità di ogni deathster che si rispetti, come i due lenti A Cauldron of Hate ed Evisceration Plague, che stupiscono per la facilità con cui i nostri riescono ad “andare piano” senza perdere un briciolo di intensità, proprio come un orda di zombie che lentamente ed inesorabilmente si avvicinano alla propria vittima... Brani da manuale alternati ad altri meno efficaci, godibili ma niente di così esaltante da ricordare a lungo, che incidono sulla fruibilità generale dell'album.
Squadra che vince non si cambia, per questo dietro alla consolle ritroviamo Erik Rutan, con la solita produzione corposa (anche questa meno devastante rispetto al disco precedente), che dona al vocione di Fisher qualche breve raddoppio vocale. Evisceration Plague risulta quindi una buona prova (l'ennesima), che ha il difetto di essere solo buona, non eccezionale. E se fossero tutti così i difetti...
Cannibal Corpse
Evisceration Plague
2009, Metal Blade Records
Death Metal
1. Priests of Sodom
2. Scalding Hail
3. To Decompose
4. A Cauldron of Hate
5. Beheading and Burning
6. Evidence in the Furnace
7. Carnivorous Swarm
8. Evisceration Plague
9. Shatter Their Bones
10. Carrion Sculpted Entity
11. Unnatural
12. Skewered from Ear to Eye
2. Scalding Hail
3. To Decompose
4. A Cauldron of Hate
5. Beheading and Burning
6. Evidence in the Furnace
7. Carnivorous Swarm
8. Evisceration Plague
9. Shatter Their Bones
10. Carrion Sculpted Entity
11. Unnatural
12. Skewered from Ear to Eye
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