Mastodon
Crack The Skye

2009, Warner Bros./Reprise Records
Prog Metal

Ascolti i Mastodon, e ti accorgi di quanto sia banale tutto il resto. 
Recensione di Stefano Risso - Pubblicata in data: 10/04/09

E così i Mastodon ce l'hanno fatta a comporre il miglior disco della carriera, a cambiare nuovamente le linee guida di un sound poliedrico e imprevedibile, a dare sfogo a qualcosa che già covava sotto traccia nel precedente Blood Mountain, ma che aveva bisogno di un taglio abbastanza netto col passato. Una pulsione che necessitava più spazio di quello che i Mastodon avrebbero potuto dare restando ancora entro ambiti prettamente “metal”. Ogni album dei Mastodon è una sorta di sfida a tutto tondo, sia da parte dei musicisti, sia da parte di chi ascolta, e "Crack The Skye" rialza la posta in gioco, portando la band a un livello più elevato.

Se "Remission", "Leviathan" e "Blood Mountain" resteranno a lungo nella storia del metal, di quello colto e raffinato (ma pur sempre metal, con tutti i limiti del caso), con "Crack The Skye" i nostri hanno posto le basi per rimanere a lungo nella storia della musica rock (nell'accezione più ampia del termine), aprendo le porte a qualsiasi ascoltatore che voglia ancora emozionarsi durante l'ascolto di un disco. Con buona pace del mondo statico e settoriale del metal, i Mastodon presentano il lavoro più morbido della carriera, concentrando tutto su melodie mai così ricercate e funzionali al concept dell'album, andando a rispolverare in chiave Mastodon quel prog/rock anni 70 ricco di spiritualità, e di epicità, cifra di una musica fatta per viaggiare con la mente.

E non a caso il tema del viaggio extracorporeo di un paraplegico è l'argomento attorno a cui si snodano queste sette tracce, in un concept delirante fatto di viaggi spaziali, buchi spazio-tempo, passando per la Russia zarista, incontrando personaggi come Rasputin o il Diavolo, secondo una logica che probabilmente non è chiara nemmeno a chi ha scritto tutto ciò. Un alleggerimento dicevamo, una musica che con "Crack The Skye" riesce a diventare meno aggressiva, e per questo apparentemente più accessibile, ma allo stesso tempo mai così ricca di sfumature, mai così finemente studiata in ogni minimo particolare, mai così difficile da comprendere e seguire nel suo svolgimento. Un'affinità tra testo e musica totale, dove le urla del passato sono ridotte ai minimi termini, lasciando posto a una grande ricerca melodica del trio al microfono Sanders, Dailor e Hinds, quest'ultimo notevolmente migliorato rispetto alle ultime uscite, lanciato su lidi rock/blues da pelle d'oca. Un suono grasso, potente, e definito, come più volte annunciato dalla band nei mesi scorsi, per celebrare il sound anni 60/70, ottenuto anche attraverso strumentazioni “vintage”, che ha ribadito la supremazia tecnica di questi musicisti, ormai ai vertici della categoria, sapendo questa volta frenare l'esuberanza, lavorando in funzione dei brani.

Sì, perché quello che stupisce di "Crack The Skye" è la presa che ha sugli ascoltatori con il susseguirsi degli ascolti. Non verremo più presi a sberle dal batterismo pazzesco di Dailor, non faremo più headbanging (salvo rare eccezioni), questi brani lavorano ai fianchi, si insinuano lentamente nella nostra testa per rimanervi a lungo, attraverso un songwriting di primissimo livello, che svela le finezze di innumerevoli fraseggi solo dopo attenti passaggi nel lettore. La ricercatezza degli arrangiamenti, con ottimi inserti di tastiere, cori, effetti che donano una vena psichedelica irresistibile, la bellezza di alcuni ritornelli e refrain atmosferici, l'aggressività di alcuni frangenti rimasta comunque intatta, sono frutto di un percorso che ha portato i Mastodon alla realizzazione di quattro lavori dalla personalità unica, quattro pietre angolari che delimitano un mondo a parte del panorama odierno, troppo ricco, troppo avanti per chiunque. Ascolti i Mastodon, e ti accorgi di quanto sia banale tutto il resto.  

Le canzoni? Inutile un'analisi traccia per traccia, per ognuna si potrebbero tessere lodi ed elencare i passaggi chiave, dalla magia visionaria di Oblivion, passando per il brano più immediato del lotto, "Divinations", il classico singolo apripista, con un riff principale fra i più belli ascoltati ultimamente, dai duetti vocali di "Quintessence", alla complessità delle suite "The Czar" e "The Last Baron", quest'ultima semplicemente il brano più bello mai composto dai Mastodon: tredici minuti di epica maestria, gettati subito nel pieno svolgimento del pezzo verso l'esplosione finale, con Brent Hinds che dà il meglio di sé, uno di quei brani che rendono un disco immortale.

Non a caso ho usato questa parola, perché "Crack The Skye" è un lavoro che rimarrà nella storia, a coronamento di una carriera fino ad ora impeccabile. Una prova di superiorità tecnica/compositiva imbarazzante per tutti, una band che ormai pare aver raggiungo la quadratura del cerchio, in attesa della prossima evoluzione. "Crack The Skye" potrà anche non accogliere i vostri favori, ma racchiude in sé quel piacere di andare a scoprire veramente un disco, sviscerare ogni sua nota, ogni cambiamento d'umore, ben lontani dalla musica usa e getta di oggi. Superbo, onirico, unico, Mastodon.



Intervista
Anette Olzon: Anette Olzon

Speciale
L'angolo oscuro #31

Speciale
Il "Black Album" 30 anni dopo

Speciale
Blood Sugar Sex Magik: il diario della perdizione

Speciale
1991: la rivoluzione del grunge

Speciale
VOLA - Live From The Pool