Continual Drift
Reality

2012, Valery Records
Alternative Rock

Recensione di Eleonora Muzzi - Pubblicata in data: 07/03/12

Negli ultimi anni le uscite alternative rock italiane si sono moltiplicate. Probabilmente impressionati dal successo straordinario che molte band inglesi o statunitensi ottengono in Italia, molti giovani musicisti stanno tentando di cimentarsi con questo genere, con risultati più o meno positivi. Tra questi figurano anche i Continual Drift, band formatasi ormai dieci anni fa che giunge ad una line-up stabile nel 2010 con l'ingresso a tempo pieno di un bassista. I Nostri pubblicano tra il 2008 e il 2009 due EP in distribuzione digitale e nel gennaio 2012 giungono alla pubblicazione del primo album, “Reality”.

Visti i lunghi tempi di gestazione si può pensare che il lavoro effettuato sugli undici brani qui contenuti sia parecchio, ma ad un primo ascolto, ma anche ad un secondo, non sembra essere così. Prima di tutto, salta all'occhio la produzione non propriamente cristallina, probabilmente voluta, dei suoni: l'album suona ovattato, come se qualcosa ostruisse i suoni in uscita. Su alcuni brani addirittura sembra quasi di stare in un locale dove si suona musica live con i tappi per le orecchie. Chi è solito proteggere i propri timpani con i tappi ai concerti sa cosa intendiamo.

Ma quello della produzione è solo un aspetto secondario. Purtroppo “Reality” è un album banale e a tratti noioso, quasi del tutto privo di novità apprezzabili e senza un'identità propria, quasi un collage di canzoni prese da album e band differenti. Basti pensare a “Just A Question”, le cui linee vocali ricordano da vicino alcuni pezzi dei Kasabian, soprattutto per via dei filtri vocali applicati. A mano a mano che l'album arranca verso la fine, ci si rende definitivamente conto di come alcuni pezzi siano spudoratamente ispirati ai grandi nomi che costellano l'universo alternative internazionale, tant'è che si comincia a cercare le somiglianze anziché godersi l'album, quasi si stesse giocando a “Trova le differenze” su La Settimana Enigmistica.

“Where The Sun Meets The Blues” e “It's Time To Change” raggiungono livelli soporiferi non indifferenti, soprattutto la seconda, mentre brani che vorrebbero essere più energici come “Reckless” e “Fake” mancano clamorosamente il bersaglio per una lunga serie di motivi troppo lunghi da spiegare. “I'll Leave Her Behind” è addirittura imbarazzante per quanto riguarda la totale mancanza di incisività e concretezza. Ogni buono spunto (perché ce ne sono) è travolto da un torrente di banalità che affoga qualsiasi buona idea, come “She's Dancing”, unica bella canzone dall'inizio alla fine, grazie al ritornello catchy e alle linee melodiche molto ben marcate. Se “Reality” avesse mantenuto come standard proprio questo brano, avremmo di fronte qualcosa di nettamente superiore, non un capolavoro ma neanche qualcosa di pessimo.

Per chiudere, il problema principale di “Reality” è, purtroppo, la mancanza di basi solide da cui partire. Una band senza un'identità personale ben definita farà fatica a decollare in qualsiasi ambito musicale, e in un mondo in cui le band emergenti fanno sempre più fatica ad emergere, un primo album di questo genere non è decisamente quello che serve per arrivare a sfondare nel music business. La classica frase “ritenta sarai più fortunato” suona perfetta in questo caso.





01. Reality
02. Just One Question
03. Where The Sun Meets The Blues
04. It's Time To Change
05. Destiny
06. Reckless
07. I'll Leave Her Behind
08. She's Dancing
09. Fake
10. This Is Your Life
11. Bring Me Home

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