Enid
Munsalvaesche

2011, Code 666/Aural Music
Symphonic Metal

Recensione di Eleonora Muzzi - Pubblicata in data: 19/12/11

Affiorati dall'underground del black metal sinfonico per le loro particolari composizioni e per il tocco medievale dei propri brani, gli Enid si sono pian piano trasformati in uno strano e indefinito amalgama di generi che vanno dal black metal al folk sinfonico. “Munsalvaesche”, ultima fatica del progetto, è uno dei dischi più complicati che siano usciti in questo 2011.

L'album è composto in totale da otto brani, tutti molto lunghi, tutti molto particolari e a loro modo “unici”. Sebbene ci sia un evidentissimo filo conduttore, costituito dalle evocative orchestrazioni che richiamano melodie d'altri tempi, se si ascolta con attenzione questo disco si notano alcuni cambiamenti di feeling. A partire dall'epica strumentale “Red Knight”, opener che introduce perfettamente il contesto generale dell'album, per arrivare a “Sheaf Of Sparks”, che chiude in maniera altrettanto degna, ogni canzone denota un carattere definito e riconoscibile, anche se ognuna di esse si incastra perfettamente nel contesto generale

Abbiamo di fronte un album evocativo, che affonda le proprie radici nel passato e le ricombina con strumenti moderni come batteria e chitarra elettrica (in alcuni momenti potrebbe rievocare Čajkovskij e altri compositori russi suoi contemporanei, per via degli ottoni e delle percussioni). Le linee vocali, inoltre, quasi esclusivamente pulite, donano ancor più carattere ma soprattutto danno voce a brani che, già dotati di sezioni strumentali particolari, in questo modo acquistano ulteriore valore. Brani come “Legends From The Storm”, secondo in tracklist, che alterna strofe tipiche da menestrello ad un ritornello più cupo in cui il coro si rende protagonista, dando un tono folk al tutto, e in cui si inseriscono gli strumenti canonici del metal, oppure “Belrapeire”, uno dei pochi momenti più complessi ed esclusivamente metal dell'album, in cui le orchestrazioni passano per un attimo in secondo piano.

Quello di “Munsalvaesche” non è un sound ben definibile, una via di mezzo tra un heavy tendente al doom con inserti avantgarde. Per chi si è addentrato nel genere, è possibile fare un paragone un po' azzardato con il sound di “Essensual” di Nebelhexë, in particolare per l'uso delle tastiere. Altro brano molto complesso è la lunghissima title-track, un concentrato delle più disparate influenze, soprattutto relative alla musica classica e al folk. Le melodie, divise equamente tra arrangiamenti di tastiera e chitarre, si intersecano in un mix che rapisce l'ascoltatore. Dopo il lirismo anche un po' ostentato di “Munsalvaesche” si fa notare “Valley Of The Two Suns”, vicina alle atmosfere burtoniane di “Nightmare Before Christmas” per i cori e le orchestrazioni.

Purtroppo il disco non è esente di difetti, talvolta macroscopici; primo fra tutti, la sua difficoltà di ascolto. La particolarità dell'offerta rende questo disco ostico e difficoltoso per il fruitore medio. Essendo una mezza via tra il black metal e l'ambient, ci si aspetterebbe che avesse almeno alcune caratteristiche di ambedue i generi, ma si fatica a trovarne. Il black metal che un tempo caratterizzava gli Enid è quasi del tutto scomparso, fa capolino di tanto in tanto senza mai creare la giusta atmosfera. La parte ambient è predominante ma a volte viene surclassata dalle linee melodiche e dalle chitarre. Certamente “Munsalvaesche” non è un disco che annoia, ma non invita ad un terzo o quarto ascolto proprio per la sua complessità, manca di incisività, non si imprime nella memoria ma neanche si impegna a farsi riascoltare per imparare a conoscerlo.

Nonostante la bellezza di alcune parti sia innegabile, esse spesso sono affogate da scelte di contorno che rapidamente sfuggono nel banale e nel dimenticabile. Esempio lampante è la pur bella “Red Knight”: il coro e le orchestrazioni iniziali che ricordano il noto compositore di colonne sonore Hans Zimmer vengono in parte rovinati dal brusco passaggio ad una sezione più adatta ad un balletto classico (ricordate il riferimento a Čajkovskij?) che ad un disco di questo genere.

Per finire, e riassumere il tutto in parole semplici e dirette, gli Enid hanno tentato di risollevarsi dal mezzo fiasco del precedente album con il suo successore, facendosi attendere per anni, al punto che molti se li erano dimenticati, ma mancano il bersaglio pur avendo tutte le carte in regola per fare centro. La band ha voluto esagerare, e questo “Munsalvaesche” è un album indefinito, forse troppo, che annulla quasi completamente gli sforzi del songwriting, senza lasciare traccia.



01. Red Knight
02. Legends From The Storm
03. Belrapeire
04. Monsalvaeche
05. Condwiramurs
06. The Journey
07. Valley Under Two Suns
08. Sheafs Of Sparks

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