Nightwish
Wishmaster

2000, Spinefarm Records
Symphonic Metal

Recensione di Marco Belafatti - Pubblicata in data: 31/10/11

2000 AD: sono passati due soli anni dall'uscita di “Oceanborn”, ma qualcosa nell'aria della fredda e lontana Finlandia è cambiato. All'alba del nuovo millennio, i riflettori della scena metal sono tutti puntati su un genere emergente, il caro, “vecchio” power sinfonico portato alla ribalta da Stratovarius, Nightwish e Sonata Arctica sul fronte nordico e dai Rhapsody (oggi conosciuti come Rhapsody Of Fire) su quello italico.

I protagonisti della nostra retrospettiva, reduci dal successo del secondo album e dalla partecipazione all'Eurovision Song Contest, danno alle stampe nel mese di maggio “Wishmaster”, il fatidico terzo full length di una carriera destinata a raggiungere vette sempre più alte (il disco d'oro in Finlandia e il primo tour mondiale da headliner sono solo i primi tra gli innumerevoli traguardi che di lì a poco verranno tagliati dal quintetto). Se “Oceanborn” contribuì a spianare la strada agli astri nascenti del genere (tra cui gli stessi Rhapsody e Sonata Arctica), “Wishmaster” fu l'album della consacrazione definitiva per la band di Kitee e per la scena musicale che la elesse come portavoce. Con questo disco, l'introverso mastermind Tuomas Holopainen abbandona definitivamente i retaggi più folk ed “oscuri” dei primi lavori per assecondare (forse neanche troppo inconsciamente) i gusti del momento e regalare ai fan il capitolo più power-oriented della discografia dei Nostri.

La formula rimane vagamente simile a quella del predecessore, ma il songwriting, come anticipato, prende una piega ben definita. Le tastiere, anziché ritagliarsi un ruolo da protagoniste assolute, preferiscono assecondare le evoluzioni della chitarra di Emppu Vuorinen o guidare le linee vocali simil-liriche di Tarja Turunen, che in più punti sembra prestare maggiore attenzione alla precisione formale della propria performance piuttosto che all'interpretazione, penalizzando gran parte dei brani con una dose non indifferente di manierismo e di freddezza. Un difetto vistoso, questo, che tuttavia non impedisce ai Nostri di confezionare alcuni tra i pezzi più belli della loro discografia. Primo su tutti “Dead Boy's Poem”, una sorta di testamento artistico dolceamaro al quale la copertina dell'album è evidentemente ispirata: l'anima innocente del poeta, nel momento che precede il calare delle tenebre e trasforma l'orizzonte in un esplosione di colori caldi, apre le braccia al desiderio di nuova vita incarnato dal volo dei cigni. Tra un monologo carico di commozione e un crescendo di pura malinconia affidato alle orchestrazioni sintetizzate e al suono avvolgente della chitarra, Tarja canta gli ultimi desideri del ragazzo morente... E la magia di sensazioni legate alle musiche dei Nostri si compie nuovamente, dando vita ad una delle canzoni che meglio descrive ciò che Tuomas ha voluto trasmettere ai posteri, descrivendo il proprio mondo interiore sui tasti bianchi e neri del pianoforte. Altri momenti degni di essere ricordati per la loro intensità emotiva sono le romantiche “Come Cover Me” e “Deep Silent Complete”, ideale compromesso tra l'irruenza del power e il candore elfico di flauti e tastiere, e la ballad “Two For Tragedy”, sorella minore della dolce “Swanheart” del disco precedente.

Lacrime e sentimentalismi a parte, “Wishmaster” è ricordato soprattutto come l'album più fantasy di Tuomas Holopainen e compagni. Oltre a tributare la saga de “Le Cronache di Dragonlance” di Margaret Weis e Tracy Hickman nell'inno battagliero che dà il titolo all'album (una cavalcata epica con tanto di cori maschili alla Rhapsody), Tuomas chiude la tracklist con una vera e propria suite in tre movimenti, “FantasMic”, ispirata ai personaggi animati di Walt Disney, per i quali l'artista non ha mai celato una vera e propria devozione. Ciò che rimane su questo disco non è altro che una lunga serie di brani di chiara ispirazione power, che alterna momenti più convincenti (la sensuale e bombastica “She Is My Sin” e la drammatica “The Kinslayer”, ispirata al massacro della Colombine High School, dove il 20 aprile 1999 due studenti aprirono il fuoco uccidendo dodici studenti e un insegnante, per poi suicidarsi a loro volta) a passaggi ridondanti e fuori luogo in cui i Nightwish palesano una vera e propria infatuazione per le sonorità più in voga in quegli anni, sfociando purtroppo nel cattivo gusto (“Wanderlust” e “Crownless”, non a caso, sono i due brani più deludenti del lotto).

Essenzialmente, la terza fatica dei symphonic metallers finlandesi è un album che vive dei propri giochi di luci ed ombre, in grado di variare a seconda dei gusti dell'ascoltatore. C'è chi preferisce il lato sognante della band e chi impazzisce per i brani più veloci tirati, ma, a prescindere da questo, a distinguere “Wishmaster” dalla marea di dischi power partoriti nella scorsa decade sono un songwriting quasi sempre fantasioso, la raffinatezza dei testi ed una compattezza melodica fuori dal comune. Sono passati più di undici anni dalla sua pubblicazione, ma è sempre un piacere premere il tasto play e chiudere gli occhi per rivivere, ancora una volta, un bellissimo viaggio al confine tra fantasia e realtà...





01. She Is My Sin
02. The Kinslayer
03. Come Cover Me
04. Wanderlust
05. Two For Tragedy
06. Wishmaster
07. Bare Grace Misery
08. Crownless
09. Deep Silent Complete
10. Dead Boy's Poem
11. FantasMic

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