Celtachor
In The Halls Of Our Ancient Fathers

2011, Autoproduzione
Black Metal

Recensione di Eleonora Muzzi - Pubblicata in data: 03/10/11

Dal 2007 i quattro musicisti irlandesi si fanno strada in un mondo costellato di insidie, finchè qualche mese fa non esce questo primo demo composto da cinque tracce più intro strumentale, intitolato "In The Halls Of Our Ancient Fathers". Grezzi e viscerali, i Celtachor fondono due generi molto vicini tra loro, ovvero un black metal di vecchia fattura, sporco e poco raffinato, e il folk, qui presente sotto forma di melodie suonate con il flauto. La produzione, dati gli scarsi mezzi a disposizione, è nettamente low-fi, una caratteristica che farà piacere agli amanti del black metal dei primissimi tempi. Questa qualità del suono tutt'altro che eccelsa e cristallina non mina l'ascolto, ma ne esalta alcuni aspetti come il sound duro e privo di qualsiasi abbellimento, rendendolo più granitico e potente.

Il disco inizia con una lunga intro strumentale di discreta fattura, atmosferica, che ben delinea la piega dei brani successivi, per poi partire subito con chitarre e scream. Il cantante Steven Roche si accolla il compito di suonare il tin whistle, alternando rabbiose sfuriate a momenti più melodici, oltre a gridare completamente in solitaria (non ci sono cori o momenti con voce pulita) per tutta la durata del demo (siamo attorno ai trentasei minuti). Particolare è l'inizio di "In The Halls of Nuada", in cui un ascoltatore dall'orecchio attento potrà sicuramente scorgere un chiaro richiamo alla "Schiarazula Marazula", melodia folk molto antica e già sentita più e più volte in ambito musicale moderno (tra i rifacimenti più famosi c'è "Ballo in Fa Diesis Minore" di Branduardi e "All For One" dei Blackmore's Night). Le cinque tracce, se escludiamo l'intro sinfonica, sono molto compatte e organiche, ben delineate e di chiarissima ispirazione nazionale. Oltre al fatto che i testi vertono ovviamente attorno divinità celtiche (Lugh, Balor), i primi nomi che vengono in mente ascoltando i Celtachor sono i Cruachan e i Primordial, entrambe band irlandesi, ma si possono sentire anche i Bathory del periodo tra la fine degli anni 80 e l'inizio degli anni 90, in particolar modo per quanto riguarda le chitarre. Una caratteristica particolare che merita di essere sottolineata è la batteria: niente blast beat. I Nostri hanno ritenuto giusto concentrarsi su uno stile più tradizionale, quasi sincopato, piuttosto che sulla pura velocità, cosa rara per questo genere in cui la batteria è più simile ad una mitragliatrice a nastro che ad uno strumento musicale.

Se finora abbiamo parlato degli aspetti positivi di questo demo, è venuta l'ora di concentrarci su quelli negativi. "In The Halls Of Our Ancient Fathers" non porta nulla di nuovo, non c'è novità, vogli di reinventarsi, un elemento che caratterizza questa band distigunendola dalle altre band emergenti. Il demo è ben fatto ma completamente privo di carattere; di fatto, "In The Halls Of Our Ancient Fathers" non è che un piacevole divertissement per amanti del genere. Forse a causa dell'inesperienza o della voglia di mettersi a confronto con i propri idoli, i Celtachor danno l'impressione di voler più che altro mettersi in coda dietro agli altri grandi del genere, mentre, date le premesse, con un po' di ardire in più avrebbero potuto ottenere risultati nettamente superiori.



01. Nemed's Wake
02. Rise Of Lugh
03. In The Halls Of Nuada
04. A Warning To Balor
05. The Sons Of Tuireann And The Blood Fine
06. The Wavesweeper

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