Proviamo la seconda strada: un disco che vuole essere un agevole libello di poesie musicate con fare diretto, spigliato, a largo spettro di pubblico (e in questo senso pop). L'importanza dei testi è enfatizzata dallo stile complessivo, che sembra nato per valorizzarne il contenuto, con sporadiche inflessioni semi-parlate. Ma a esser franchi, il lavoro non si avvicina mai a raggiungere i suoi scopi: a livello musicale, possiamo percepire tutti gli ingredienti del rock alternativo italiano (scuola Marlene Kuntz, Afterhours) spalmati in canzoni che sono, per la maggior parte dei frangenti, l'equivalente sonoro di una minestrina (produzione che pare rudimentale, melodie dimenticabili, interpretazione vocale discutibile). A livello di testi, poi, non si può certo parlare di nulla per cui valga la pena ragionare troppo. A tal proposito possiamo scomodare la ballata acustica finale "Schiava", dalla quale, ci si aspetterebbe ti trovare l'habitat ideale per un testo dai toni più ispirati. Il pensiero che sul finire della canzone rivela il sugo del pezzo è: "I sogni a volte scivolano e scappan di mano lasciandoci soli in noi.
Il tutto cantato con toni quasi da filastrocca, zuccherata con tanto di glockenspiel: una via di mezzo tra il diabete e una massiccia scoperta di acqua calda. Nei momenti più tirati, i Violaspinto provano a tirar fuori un'anima punk latente, che finisce per stridere con gli ammiccamenti pop: l'ibridazione non è ben amalgamata e accusa una scrittura che manca di una vera bussola. Esempio di ciò può essere la traccia d'apertura "Apatica": l'impressione è che strofe, ritornelli assoli siano fusi insieme da idee vaghe, con troppa carne al fuoco. In linea di massima le liriche su cui molto si gioca la partita non hanno sufficiente comunicativa, tanto che il pezzo che si lascia ascoltare più volentieri è addirittura l'intermezzo strumentale "Ora No", che anzi, cattura grazie agli atmosferici flauti traversi e alle vincenti linee di basso. Fra i pezzi perlomeno più genuini emergono la disperata "Plexiglass", una tirata martellante di meno di due minuti e "Madre Universale", che è dotata di un ritornello dignitoso e un suggestivo passaggio psichedelico.
Ancora piuttosto ingenuo per essere la terza uscita sulla lunga distanza, "Indivenire" prova a essere un disco d'autore, pop, alternative senza raggiungere in nessun caso l'obiettivo in modo veramente notevole.