Aedi
Aedi Met Heidi

2010, Seahorse Recordings
Indie Rock

Recensione di Marco Belafatti - Pubblicata in data: 09/01/11

Partiamo da un presupposto: se le rock band al femminile più interessanti ed originali, nella stragrande maggioranza dei casi, provengono da paesi nordeuropei o tutt'al più dagli Stati Uniti, gli Aedi rappresentano la classica “eccezione che conferma la regola”. Italiani 100%, ma internazionali nell'attitudine, i Nostri nascono in quel di Macerata ed attraversano in brevissimo tempo una gavetta che li consacra nel gotha delle realtà indie più interessanti degli ultimi anni. Questo loro primo full length ufficiale giunge a due anni di distanza dal loro esordio autoprodotto, “The Adventures Of Yellow”, e ad un solo anno da “Polish”, EP che li ha condotti presso la corte della Seahorse Recordings, casa di alcune tra le migliori formazioni indie rock del nostro paese (Blessed Child Opera e Marlowe tra gli altri).

Un'occhiata non troppo distratta alla copertina di “Aedi Met Heidi” serve a farci prendere confidenza con il piccolo viaggio che stiamo per intraprendere. Una fanciulla tratteggia con una piuma il titolo dell'album; sullo sfondo uno scenario fantasioso ed intrigante. Premiamo il tasto “play”... I toni pacati di un'intro a cappella (“Easy Easy Tale”) ci catapultano in una dimensione fanciullesca, tra candide nuvole e praticelli in fiore, dando inizio alla magia. Le chitarre di “On The Second Floor” irrompono per un breve istante, per poi riconsegnarci alla delicata ugola di Celeste Carboni e alle sue tastiere spensierate, senza dubbio il piatto forte del brano. La musica dei Nostri potrebbe essere l'ideale colonna sonora della caduta di Alice nel buco del coniglio: adrenalina, paura, stupore... e come d'incanto ci ritroviamo a volare sulle note di “She Is Happy”, incastonata in un bellissimo crescendo di chitarra e pianoforte, come sempre scortati dal soave falsetto della cantante (non dimenticatevi di assaporare il video che accompagna magistralmente il pezzo).

Nuovi attimi di delicatezza ci vengono offerti da “Peter And Clara” e “Monster”, un piccolo gioiello indie. Il colpo di fulmine arriva però con “Black Keys”, per via della sua struttura semplice ma avvolgente, non priva di qualche rimando ai Sigur Rós più modesti (impossibile non innamorarsi di quella chitarra zanzarosa che sbarazzina s'insinua tra il riff di pianoforte e gli eterei vocalizzi di Celeste). Altre suggestioni bambinesche e sperimentazioni di scuola scandinava fanno capolino in “Geometric Plane”, dove tastiere, clarinetti e chitarre giocherellano senza tregua deliziando le nostre più intime percezioni. Un breve intermezzo (“Heidi”) ed è di nuovo estasi: “The History Of A Funky Nanny Goat” possiede il fascino autunnale dei The Gathering e quel pizzico di follia che in Islanda consacrerebbe questo disco e questa band come un piccolo universo a sé stante.

Il dream pop trasognato di “Tin Tun Tan” ed un bizzarro assolo di clarinetto chiudono in maniera degna una delle più sensazionali sorprese dell'anno che ci siamo appena lasciati alle spalle, lasciandoci con una brillante promessa per il futuro della musica più candida ed innovativa.



01. Easy Easy Tale
02. On The Second Floor
03. She Is Happy
04. Peter And Clara
05. Monster
06. Black Keys
07. Geometric Plane
08. Heidi
09. The History Of A Funky Nanny Goat
10. Tin Tun Tan

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