Al debutto discografico i Molotoy risultano già fortemente interessanti, e questo grazie ad una grandissima personalità musicale che fonde in modo assai uniforme e vellutato una sana base di psichedelico space rock, archi gotici ed un senso elettronico estremamente moderno ed accattivante.
La voce è uno strumento che, al pari di tutti gli altri, compare sulla scena solo dove serve in questo “The Low Cost Experience” e dove, rarissime eccezioni a parte (“Werther”, dove l’atmosfera e l’intonazione è più dream pop), nel resto dell’opera essa viene filtrata in modo robotico ed alienante da quell’elettronica che tanto cara è a questo trio, e che fa sembrare il quadro sonoro delicato, dannato, disperato e corrosivo allo stesso tempo. Come se i Daft Punk decidessero di suonare assieme ai Verdena dopo essersi strafatti di assenzio e poesie di Baudelaire nel garage dei My Dying Bride.
Curato da un packaging essenziale ma allo stesso tempo accattivante come la musica che cerca di descrivere in immagini, “The Low Cost Experience” è una gradita sorpresa di fine anno nonché opera che parla un linguaggio musicale magari non immediato, ma certamente non astruso o incomprensibile. Affascinante, semmai, è il lemma utilizzato dalla band e, proprio da questo fascino, è facile rimanere ammaliati.