Lonny Ziblat è un chitarrista/vocalist olandese dalle chiari origini ebraiche che fa del cantautorato principalmente acustico. Uno più uno fa due, quindi penserete automaticamente che la sua musica sia similare a quella del buon, caro Bob Dylan. Invece, il Nostro ama giocare maggiormente con la psichedelica del prog più settantiano, elaborando un cantautorato decisamente meno intimo rispetto a quello prodotto dal monumentale artista americano. Meno intimo e, ahinoi, decisamente confezionato con molta meno cura, tanto che si rimane quasi interdetti durante l’ascolto di questo “Songs From The Drawer”, esordio discografico autoprodotto.
Il problema principale non è solo l’azzardo, quelle tastiere Korg d’annata sparate a mille e senza controllo in mezzo a fraseggi acustici che richiederebbero un minimo di raccoglimento, ma anche le vere e proprie capacità compositive del buon Lonny, visto che tra un intermezzo strumentale che starebbe bene su un cartone animano di bassa lega (“The Ska Is The Limit”), un lamento piuttosto molesto (“Funny Honey”) e dei veri e propri pasticci melodici (l’iniziale “How Far Is Leiden?”), ora di “Tomorrow” non è che si abbia troppa voglia di ascoltare la seconda metà del cd, e se anche stoicamente si prosegue, si scoprirà che le impressioni iniziali vengono solamente, tristemente, consolidate ulteriormente.
Tutto da rifare, dunque? Circa, non è molto chiaro se qui è solo una mancanza di senso della misura oppure un orecchio distorto la causa dell’abnorme problema. Certo è che se si vuole risultare vincenti, c’è molto, molto da lavorare ancora, e non basta una vocalità buona a sopperire alle lacune di un minestrone non solo mal bilanciato, ma anche cucinato in modo quasi dilettantesco.