Bat For Lashes
The Haunted Man

2012, Parlophone/EMI
Indie

Recensione di Fabio Rigamonti - Pubblicata in data: 23/10/12

Per capire la differenza che scorre tra questo “The Haunted Man” ed il precedente “Two Suns”, basterebbe guardare la copertina: nello scorso inciso, la nostra Natasha Kahn, in arte Bat For Lashes, splendeva in un tripudio folk-kitsch di colori assai barocchi, mentre qui la ritroviamo nuda, in un meraviglioso bianco e nero. Si suggerisce, quindi, una sensazione di essenzialità ed eleganza, elementi che, tuttavia, non precludono affatto una minaccia ed una ferocia emozionale, insite sia nell’uomo nudo che Nastasha stringe tra le braccia, che nel titolo del disco. Poi, basterebbe passare al confronto tra i singoli antipasto tra i due lavori: in passato avevamo “Daniel”, il maschio, ripieno di richiami wave che ben si mischiavano al folk di Nastasha a creare un brano dal forte appeal radiofonico e commerciale; oggi, invece, abbiamo “Laura”, la femmina (reale o apparente? Quesito non secondario, dopo la visione del video della canzone…), un brano intimo ed intenso per piano e voce, accarezzato fievolmente dall’orchestra, radiofonicità tendente a meno infinito e carico emotivo in potente er(e)uzione. 

Vedete signori, è tutto davvero sin troppo chiaro: col suo terzo lavoro in studio, Bat For Lashes abbassa i toni dell’influenza folk ed elettronica e, pur senza rinunciare affatto ad entrambi gli elementi (ascoltate il nervo aborigeno di “Oh Yeah” e lo sfacciato inserto corale gregoriano nella titletrack), propone un disco in cui la parola chiave, già una volta usata in questo articolo, è intimità, un fattore ostentato dalla nudità della cover e dal raccoglimento delle diverse canzoni dell’opera. Al netto dell’attuale singolo che vede la Nostra impegnata in uno strambo incrocio tra le percussioni di Gotye e l’arpa dei Florence + The Machine, nonché di tutto l’indie pop che tira ultimamente (“All Your Gold”), “The Haunted Man” è un disco che si esprime al suo meglio nel lisergico incipit di “Lilies”, dove il crescendo orchestrale, timido e devastante insieme, fa capire cosa vuol dire arrangiare bene un pezzo, oppure nell’impronta electro minimale di marchio Lali Puna di una “Marilyn”.

E questa nuova dimensione più scarna – ma non meno emozionale – ben si adatta alla Kahn, che se solo la smettesse di riempire i suoi dischi di buchi neri di devastante vuoto (qui, in pratica tutta la triade di pezzi finali: pretenziosi ed inutili), otterrebbe assai di più di quanto non stia attualmente raccogliendo. Non che i consensi attorno alla Nostra sino scarsi, tuttavia l’aggettivo “sopravvalutata”, al termine dell’ascolto di questo inciso, è ancora lungi dall’essere allontanato con decisione, pesando come un demone sopra le (esili?) spalle dell’artista anglosassone.

Speriamo che l’esorcismo riesca un po’ meglio la prossima volta. Sarebbe anche il caso.




01. Lilies
02. All Your Gold
03. Horses Of The Sun
04. Oh Yeah
05. Laura
06. Winter Fields
07. The Haunted Man
08. Marilyn
09. A Wall
10. Rest Your Head
11. Deep Sea Diver

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