Dai Beatles ai Supergrass, i nostrani The Charlestons dimostrano di aver assimilato ben bene tutti i dettami del brit pop tutto degli ultimi 35 anni e confezionano, in questo “Off The Beat”, un secondo inciso che ha tutto il sapore della summa di un’ispirazione davvero evidente e totalitaria.
Tra refrain cristallini e sorprendenti a circondare l’iniziale titletrack e la successiva “Love Is A Cadillac”, solamente con “Energy” scopriamo, un po’ a sorpresa, che il terreno in cui la band pare essere maggiormente a suo agio è il mid-tempo di epica ispirazione, con orchestra e certosini arrangiamenti a far splendere anche una “Let It All Hang Out”, una luce ben più potente di quella prodotta dagli ottoni smaglianti che muovono, festosi, una “Eager Beaver” e la sua successiva reprise.
Arricchito da una produzione certosina e precisa al millesimo di secondo nel restituire il giusto feeling al quadro sonoro d’insieme, il disco risulta estremamente godibile soprattutto perché la band si dimostra completamente a suo agio nel riproporre queste classiche melodie del pop inglese, tanto che fatichi quasi a credere che il vocalist Mattia Bonanni condivida la nazionalità non con Londra, ma con Parigi.
Il problema dell’opera è poi che uno ed uno soltanto: il suo essere completamente derivativa. Efficace, certo, ma nel proporre una musica che, negli ultimi 40 anni, abbiamo sentito spesso e sin troppo spesso rivitalizzata da correnti di intensità alterna lungo l’asse del tempo. Se siete nostalgici di quella scena, i The Charlestons sapranno offrirvi la musica giusta per farvi sospirare a lungo e di piacere sulla dolce onda della vostra malinconia; tuttavia, non c’è da sorprendersi se, di contro, molti preferiranno tornare ad ascoltare gli originali e considereranno questo “Off The Beat” il giusto.