Saga
20/20

2012, earMUSIC/Edel
Prog Rock

Torna Michael Sadler, torna la magia?
Recensione di Gaetano Loffredo - Pubblicata in data: 23/07/12

Ventesimo lavoro del pluripremiato super gruppo canadese, invidiabile definizione che i Saga si sono meritati partendo da lontano, 1977,  e costruita mattoncino dopo mattoncino. Per qualcuno, come appena detto, "20/20" è il ventesimo album da studio ma per qualcun altro, leggasi Michael Sadler, è il diciannovesimo. Si, ricordate? Ne avevamo già parlato all’interno della recensione di “The Human Condition”: Mr Sadler aveva lasciato la band dopo i fatidici “10.000 days” (ovvero 27 anni e quasi cinque mesi) per dedicarsi alla sua famiglia e fu sostituito al microfono da Rob Moratti, al quale oggi viene dato il classico “ben servito” non appena le voci di un ripensamento del vocalist originario si sono fatte insistenti.

In realtà, il ritorno di Michael Sadler (intervista) coincide, purtroppo, con un disco già bello che finito. Si, perché lui non è soltanto il cantante e musicista di vari & variegati strumenti, ma è anche e soprattutto il genio della lampada, quello che sta dietro a praticamente tutte le composizioni che hanno fatto la storia dei Saga. Ecco perché, seppur album degno di nota e decisamente superiore alla media, "20/20" non è all’altezza dei grandi classici del passato e nemmeno del terzultimo “10000 Days”, un lavoro praticamente perfetto in cui risiedono tutte le qualità del visionario regista canadese. Qui c’è tanta classe, ci sono tutti gli elementi che hanno condraddistinto i Saga dagli albori ad oggi, d’accordo, ma manca terribilmente, così come accadeva con “The Human Condition”, l’idea geniale, quella che trasformava un buon pezzo in un capolavoro.

Non soffermiamoci ulteriormente su questo aspetto, perché "20/20", seppur meno pretenzioso del solito e senza colpi ad effetto, si muove in una direzione più consona ai Saga di “The Human Condition”, meno aggressiva e più soft: l’attenzione per la melodia rimane intatta e i nuovi pezzi (“Six Feet Under” e “Anywhere You Wanna Go” su tutti) non fanno altro che consolidare il gruppo nell’olimpo del prog rock. Le tastiere sono certamente preponderanti, fulcro del sound dei canadesi, e il lavoro di Jim Gilmour alle chitarre rasenta la perfezione. Le pecche sono da ricercare perlopiù in un songwriting meno ispirato ma, come detto, senza l’apporto di Sadler fare meglio di così era impossibile. Resta inteso che il disco va ascoltato e riascoltato perché di gruppi come questo in giro ce ne sono pochissimi, e se la classe non è acqua...



01. Six Feet Under
02. Anywhere You Wanna Go
03. Ellery
04. Spin It Again
05. Another Day Out Of Sight
06. One Of These Days
07. Ball And Chain
08. Lost For Words
09. Show And Tell
10. Till The Well Runs Dry

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