Articolo a cura di Cristina Massei
Sotto i fili argentati dei suoi cinquanta e passa anni, Luciano Ligabue questa sera ha il sorriso di un bambino mentre alza la sua chitarra al cielo. Royal Albert Hall, un sogno per molti, una realtà per pochi eletti, ancor meno della lingua di Manzoni. L’orgoglio è palpabile, tangibile mentre lui estasiato scruta il pubblico della leggendaria venue londinese.
Lo scorso anno l’artista italiano era stato invitato per la prima volta in questo secolare tempio musicale anglosassone: due date, tutto esaurito. Quest’anno è stato chiamato di nuovo: altre due date e altri due sold out per il rocker di Correggio; sembra incredibile per un artista il cui seguito, dopotutto, è limitato ad un Paese che sulla carta non è facilmente esportabile oltre i confini alpini. Ancora una volta, per l’occasione, il Bar Mario si è trasferito nella capitale inglese per due notti, un esodo che – almeno per ora – neanche la disastrosa situazione economica è riuscita a scoraggiare.
Si parla di un album in preparazione, ma al momento non c’è niente di nuovo da promuovere; il Liga coglie dunque l’occasione per proporre una delle scalette più ricche degli ultimi tempi: l’apertura è affidata a “Figlio Di Un Cane”, e ricordi di tempi ormai lontani tornano in una valanga di emozioni, forti come la poesia giovanile e ribelle di quegli amplessi rubati e preservativi rotti. Incastonate in quasi due ore di canzoni che in Italia ormai conoscono tutti a memoria - come “Urlando Contro Il Cielo”, “Tra Palco E Realta”’ e “Vivo O Morto X” - c’è spazio per perle più rare, un ringraziamento per tutti coloro che lo hanno seguito fino a Londra; la più apprezzata – ed inaspettata – è senza dubbio “Male non Farà”, dall’indimenticabile “A Che Ora È La Fine Del Mondo?”
Accompagnato da Federico “Fede” Poggipollini (chitarra), Niccolò Bossini (chitarra), José Fiorilli (tastiere), Luciano Luisi (tastiere e programmazioni), Michael Urbano (batteria) e Kaveh Rastegar (basso), è un Ligabue più loquace del solito quello di stasera. In un teatro che trasuda storia, eleganza e un’autorevolezza quasi intimidatoria, non si limita a sparare una mera sequenza di brani ma prende il tempo di presentarli e raccontarli quasi uno ad uno. Un pubblico straordinariamente eccitato ascolta silenzioso le sue storie, per poi esplodere appena il titolo è rivelato. E poi cantano ogni canzone e ogni parola, gli oltre cinquemila fedelissimi che hanno attraversato la Manica per essere qui.
“Balliamo Sul Mondo” manda Liga e la sua band negli spogliatoi, ma c’è ancora il bis con “Happy Hour” e l’emozionante “Ho Messo Via”, per chiudere con “Il Meglio Deve Ancora Venire’. In un gelido venerdì sera londinese, è difficile pensare che quel “meglio” sia lì fuori, nelle strade ormai semideserte di South Kensington. Ma i cinquemila volti sorridenti che lasciano la Royal Albert Hall sono uno spettacolo nello spettacolo. La Piccadilly Line è assediata, i pochi inglesi spinti all’angolo a botte di Invicta. Tutti parlano con tutti, e tutti parlano italiano. Surreale. Tra palco e realtà, Ligabue conquista l’Inghilterra ancora una volta e porta a casa un’altra doppietta. Well done sir… and see you at Mario’s!