Presentazione Venice Doc Festival
Questa nuova edizione del Venice Doc Festival si presenta un po’ più ridotta (negli spazi) rispetto alle precedenti, ri-distribuendosi però in maniera efficace e regalando ai fruitori tutto quello che un happening rock estivo deve garantire: sufficienti spazi per mangiare e bere, chioschi variopinti per le gole assetate (spicca su tutti la presenza della “folkloristica” associazione “Maeedetti Imbriaghi”, presenti in molti punti e con diversi drinks a tema), bancarelle di oggettistica fatta a mano, t-shirt, dischi, servizi, e quant’altro. Devo spezzare una lancia in favore della cucina, piatti semplici e non solo, per tutti i gusti, menù “unificati” tra i vari punti, e non mancano le classiche portate locali tipo “polenta e costicine” davvero ottime (doverosa sottolineatura visto che non sempre Nei festival l’aspetto culinario viene considerato molto!). La location è una oasi verde con tanto di piccolo stagno transennato per preservarne il micro habitat (“We love nature” è uno degli slogan di quest’anno appunto), nel bel mezzo della zona industriale di Noventa di Piave (VE), facilissima da raggiungere con il casello autostradale ad un paio di km e praticamente infinite possibilità di parcheggio gratuito tutt’intorno.
Anche dal punto di vista economico non ci si può lamentare: eccezion fatta per un paio di appuntamenti speciali, la maggior parte delle serate si attesta sui 3 euro d’ingresso (solo 1 euro la serata d’inaugurazione venerdì 13 luglio), a fronte di un programma musicale di tutto rispetto, dal rock al metal, dal reggae allo ska, dalla speciale serata anni ‘80 all’immancabile evento Hip-Hop & Electro marchiato Sbainight, oltre naturalmente a numerose e variegate band emergenti e dj set a tema che animano ogni momento senza lasciare tempi morti e per allietare anche chi non vuole rientrare a casa troppo presto.
Il pubblico visto fin’ora è davvero multicolore e multiforme, ci sono intere famiglie con passeggini al seguito, rocker incalliti, soprattutto tantissimi giovani e molti “over”, complici le numerose iniziative di abbonamenti e ingressi gratuiti sotto i 14 e sopra i 50 anni, davvero lodevole.
The Bastard Sons Of Dioniso
I tre ragazzi conosciuti dai più attraverso il format “X – Factor” salgono sul palco sicuri dei propri mezzi, senza alcun tipo di “posa” da divi del piccolo schermo, anzi, credo che il loro sforzo maggiore sia proprio quello di togliersi di dosso l’etichetta “televisiva” che potrebbe essere un’arma a doppio taglio. Il pubblico non è numerosissimo, benché attento e partecipe, e credo che molti seguaci del rock non riescano a dare credito alla band “vista in TV”, o almeno questa è la sensazione che si percepisce girando tra la folla. Peccato, perché i “bastardi” con gli strumenti in mano ci sanno fare, senza strafare e senza grandi slanci impetuosi on stage, ma sicuramente degni di rispetto e di una chance di saggiarli dal vivo.
Il bassista Jacopo ringrazia tutti in più occasioni, soprattutto per la splendida occasione di essere lì, sul palco appunto, a dimostrare che loro sono reali. Si divertono e riesco a far divertire, senza prendersi troppo sul serio e scambiando qualche battuta col pubblico (è il solo bassista/cantante a farlo ma gli riesce bene) ed è proprio questa la chiave di lettura che trovo più consona: spontaneità, onestà, leggerezza. Il tutto è vero e non costruito a tavolino, nulla lascia dubbi a riguardo.
Dal punto di vista musicale lo show è molto godibile, siamo su binari rock ben precisi, suoni curati (spicca la chitarra di Michele), drumming per nulla scontato, ed anzi in alcuni brani gli arrangiamenti osano qualcosina in più, bello e inaspettato. Credo che ai ragazzi non dispiacciano band attuali come i Foo Fighters, affiancati ad un bagaglio “old school” classico. Durante lo show c’è anche un momento per ricordare alcune iniziative sociali di cui i ‘sons sono testimoni, come A.D.M.O (associazione donatori midollo osseo). A circa tre quarti di scaletta, dopo un paio di brani con chitarra acustica, il batterista Federico raggiunge gli altri davanti, con microfono e 6 corde al collo anche lui, e ci regalano forse l’ingrediente più sfizioso che li ha resi noti al grande pubblico: l’intreccio magistrale delle 3 voci con parti a cappella e non, che mi catapulta indietro a Simon & Garfunkel e Crosby Nash Stills Young… anche se utilizzate per cantare i Tenacious D! Il biondo drummer spicca e gigioneggia tra gli altri, ma tutti e tre sono vocalmente impeccabili e dà loro una piccola marcia in più rispetto a molte band nostrane simili. Per citare Aristotele: “Il tutto è più della somma delle sue parti”.
Serata piacevole e con sprazzi di sano ed onesto divertimento, i Bastard Sons Of Dioniso si dimostrano una band capace di intrattenere senza usare eccessivi ed impropri atteggiamenti da rockstar, certamente meritevoli di maggior attenzione da parte di chi, magari, li snobba solo perché hanno partecipato ad un talent show televisivo.