La prima cosa che mi viene in mente pensando al concerto degli Dwarves al FreakOut di Bologna è: "Ma dove cazzo eravate l'altra sera?" Avreste dovuto farlo esplodere quel locale (impresa tra l'altro tutt'altro che impossibile). Doveva esserci la fila per entrare e invece...
Venerdì scorso ho dato quasi tutto al FreakOut. In termini, economici, fisici, psicologici, ma la serata se lo meritava ampiamente. Già il locale trasuda musica. Passione per la musica. C'è un piccolo ma fornitissimo banchetto che vende dischi appena dentro e la parete dietro il mixer è una vera e propria "Wall of fame" che custodisce gelosamente tutti i nastri con le impostazioni dei volumi dei gruppi che si sono esibiti in questo che più che un locale, mi ricorda una trincea. Un posto dove si combatte ogni giorno per tenere vivo lo spirito della musica dal vivo.
Se dite che vi piace il punk rock. Se vi piace l'idea di essere punk rocker. Se dite che vi piace il sapore della saliva, del sudore, del posacenere. Se dite che vi piace il mal di testa del giorno dopo. Se vi piace dire che avevate un gruppo che suonava musica punk. Se dite che vi piace la birra di merda. Se dite che vi piace la merda. Se dite che vi piace poter ruttare e contemporaneamente chiedere a Nick Olivieri di fare una foto con voi . Se dite che vi piace il "contatto" con la musica. Se dite che vi piace tutto questo, ieri sera sareste dovuti venire... ed invece non c'eravate.... Non venitevi poi a lamentare che in Italia non viene più nessuno a suonare. La verità è che non vengono perché non andate a sentirli.
Ad aprire la serata (che vi siete persi) c'erano gli Svetlanas. E sono una bomba...Non per niente accompagnano tutto il tour europeo degli Dwarves. E sono Italiani. Ed il loro spettacolo è stato bellissimo, sia musicalmente che visivamente. Olga (la cantante) ti spara in faccia il suo occhione sgranato in pure stile Lydon ed il suo accento anglo-sovietico in un puro stile Lenin. Da fuoco alla foto di Putin. Usa il microfono come un manganello. E' un animale, ma nel senso buono; o forse no. Già da queste prime battute si capisce che la serata promette bene. Come si dice, "pochi, ma buoni". Gli Svetlanas cercano il pubblico. Scendono dal palco. Prendono a pizze in faccia alcuni tra i presenti, per destarli dal torpore di un'attesa durata troppo, sia che ci si riferisca all'inizio della serata od al fatto di non averli mai conosciuti prima d'ora. E la sveglia funziona. Ora sappiamo chi siete, e benché fossimo quattro gatti spargeremo la voce. Anche il buon Nicolay (Nick Oliveri) si unirà alla band per l'ultimo pezzo in scaletta...doppio basso, grande divertimento.
Gli Svetlanas salutano tutti con un "YOU NO LIKE ME? GO FUCK YOU SELF!" e ci lasciano il tempo di buttarci in faccia una moretti per cercare un po di refrigerio. Compito eseguito. Siamo caldi.
Come quando andavo al CSA Dordoni a sentire i concerti, anche stasera tra una performance e l'altra non c'è la fase di attesa. Non c'è soluzione di continuità. Non c'è l'effetto sorpresa. Il gruppo non entra su basi epiche strumentali, tra il fumo e le luci che si rincorrono sul palco. Non ci sono tendoni a coprire pudicamente i preparativi. Nessuno deve entrare nel personaggio, ma fondamentalmente se ne deve liberare. Il punk rock è scarno. Asciutto. Adeso all'essenza della performance musicale e fisica. Il gruppo sale sul palco, prepara i suoi strumenti, si gira verso il pubblico, saluta (forse) e attacca a martellarti i timpani. Dwarves compresi. Loro lo fanno dannatamente bene da trent'anni.
Parte la giostra. Se siete seduti sul vostro comodo sedile di pelle umana potrete godere nei prossimi 40 minuti di un emozionante viaggio nel sudore, accompagnato da fulminei momenti di eccitazione estatica caratterizzati da occhi in stile Sauron, indici puntati come lame verso il soffitto, urla sconnesse di frammenti rubati ai testi di canzoni che in quel momento risuonano dentro di te come se provenissero dalla tua gola. Ricordo per la cronaca che siamo in 4 gatti e che il rex è nudo, ma c'è spazio per tutto. Blag riesce a fare un paio di stage diving. Qualcuno dal pubblico sale sul palco e frega la scena ed il microfono a Oliveri che lo guarda leggermente attonito. Le canzoni si susseguono senza sosta tra l'una e l'altra. Blag chiama sotto il palco tutti ad unirsi al grido catartico e mi accorgo che se sul palco in quel momento ci sono 30 anni di storia del punk rock sotto il palco ci sono 30 anni di storia del pubblico del punk rock. Non saprei dire che canzoni hanno suonato. Probabilmente tutte. Il concerto dura esattamente come un giro di giostra, divertentissimo, che ti coglie sempre impreparato quando finisce, perché hai ancora il sorriso sulla faccia, perché avresti voluto che durasse ancora, ma come vent'anni fa quando li vidi per la prima volta anche questa volta gli dwarves tirano il freno a mano, scendono dal palco ed escono di scena attraversando il pubblico in sala.
Dopo anni di musica, di ogni tipo. Dopo anni di Punk Rock, di ogni tipo, oggi la frase "punk is an attitude" assume finalmente significato, almeno per quanto mi riguarda. Forse sono lento o forse la frase necessita di tanta prospettiva. Mi sono sorbito un sacco di merda prima di capire che il "boccone prelibato" nel punk rock non sarebbe mai arrivato e nel frattempo però mi sono abituato. Non solo abituato. Ora la comprendo. La distinguo. La apprezzo. Il punk è merda. Nel senso fisico del termine che spesso viene deliberatamente e provocatoriamente confuso con quello socio culturale. Puoi vederla come trasformazione ultima dell'esistente o come motore primigènio dell'atto creativo.
In quest'ottica gli Dwarves sono come la merda. Sono però la merda migliore sul pianeta. "And if you no like they. Go fuck you self!"