Wacken Open Air 2016
04/08/16 - W:O:A, Wacken


Articolo a cura di SpazioRock

Articolo a cura di Giulia Franceschini, Marta Scamozzi, Carolina Bollani.
Fotografie per gentile concessione di: Thorsten Seiffert - http://www.rocknroll-reporter.de/

 


Wacken è quell'incredibile e magico luogo che viene raccontato nella più varia e caleidoscopica varietà di immagini. Wacken è un viaggio che inizia anche molti mesi prima con l'emozione del biglietto in mano o la fatica di recuperarne uno in qualunque modo e in qualunque nazione. Continua con le aspettative e le gioie al pensiero della quantità di musica e birra in cui ci si andrà a perdere. Termina con i piedi nel fango e la testa all'insù, nell'aria piena di musica e nella città metal più grande del mondo sempre in festa. Ma la realtà è che Wacken non finisce mai, neanche dopo il rientro, neanche dopo giorni, settimane o mesi. E noi siamo qui anche quest'anno, con gli anfibi che affondano nella "Holy Land" dei metallari di tutto il mondo a raccontarvelo di persona.

 


Sembrerebbe essere un'edizione fortunata, quella del 2016. Il tempo viene definito gentile, è il variabile cangiante e furbo a cui la cittadina dell'estremo nord tedesco è decisamente assuefatta. Le nuvole viaggiano veloci sul cielo di Wacken spinte dai venti del nord, regalando, oltre all'immancabile e puntuale temporale delle 09:30 che flagella le tende ogni mattina, la temperatura ideale per passare intere giornate sotto ai palchi, tra tiepidi raggi di sole e brevi scrosci d'acqua quasi piacevoli.
La 27esima edizione del W:O:A è anche un'edizione blindata. I recenti e tristi eventi terroristici che hanno vessato la Germania nel mese di luglio, colpendo anche manifestazioni musicali, hanno portato ad un elevato innalzamento del livello di sicurezza del festival, mettendo in atto diversi tipi di controlli e misure, alcune delle quali non rivelate per precauzione. Neanche questo è riuscito a fermare i circa 80 mila spettatori che hanno popolato il villaggio di Wacken per tre giorni. L'aria che si respira è indiscutibilmente di festa e follia.

 


Il running order prevede oltre 100 band. Ecco quelle che siamo riusciti ad incontrare e quali per noi sono stati gli highlights di questi intensi tre giorni.

 


//DAY 1//

 


wackensaxonIl giovedì è incentrato sugli headliner dell'intero festival: già da inizio giornata sembra tutto in attesa e in preparazione per gli Iron Maiden. Ma andiamo con ordine. Il Black Stage prende vita nel primo pomeriggio con gli Skyline. La band è una grande affezionata di Wacken, e anche quest'anno non perde l'occasione di intrattenere la folla sotto al Black Stage.
Rimaniamo sotto al palco che ora passa sotto il controllo dei Saxon. La band, in buona forma, riesce a superare i problemi tecnici che si sono presentati su "The Power And The Glory", terzo brano della setlist. Anche i Saxon, come succederà spesso durante i tre giorni, si divertono con dei droni che vengono fatti volare sopra al pubblico. È durante "Eagle Has Landed" che un pallone gonfiato sorvola le teste presenti, che vengono trasmesse direttamente sui maxischermi.

 


Alla fine della performance ci spostiamo nel villaggio vikingo. È qui che trovano posto gli scozzesi Red Hot Chili Pipers e le loro cornamuse rock. Il Wackinger Stage accoglie l'assortita formazione rock + cornamuse che intrattiene una piccola porzione dell'enorme pubblico di Wacken, rigorosamente dotata di kilt e corno. La setlist è la loro classica proposta di cover che spaziano dal rock ad addirittura il pop in chiave folk scozzese. Uno spettacolo divertente e quasi rilassante nell'immenso universo musicale che è Wacken. Uno spettacolo preciso tecnicamente, un medley di pezzi che non sono altro che un'ora e un quarto di festa innaffiata di idromele e birra. La band sembra soddisfatta della risposta dei vikinghi di Wacken, e, chiudendo con una "We Will Rock You" che fa battere le mani a tutti i pogatori in fase relax, i Red Hot Chili Pipers salutano il pubblico presente davanti al Wackinger Stage.

 


wackenwhitesnakeTorniamo ai palchi principali per uno dei momenti topici del Day One di Wacken. Manca poco alle 20:00 quando i Whitesnake calcano il Black Stage. Nella varietà di metal estremo che le nostre orecchie riescono ad ascoltare in così pochi giorni, si riesce a trovare posto anche quell'hard rock eighties genuino, di quello che non puoi evitare di cantare, di quello che rock and roll ti ci fa sentire. La folla davanti al Black Stage è incredibilmente numerosa, le teste continuano a perdita d'occhio. L'intero set dei Whitesnake è un karaoke: è l'immenso pubblico a intonare i brani in un coro che praticamente esplode con "Here I Go Again" cantata sotto la pioggia. La necessaria dose di rock fa decisamente il suo effetto. L'area palchi rimane infatti carica e gremita in attesa del pezzo forte della giornata.

 


Arriviamo così agli headliner del Day 1 di Wacken. È finalmente il momento degli Iron Maiden. Ogni data del tour di "The Book Of Souls" è qualcosa di speciale, un evento dal sapore diverso da qualsiasi altro precedente concerto degli Iron Maiden. L'esecuzione dei pezzi attiva e divertente, unita ad una delle scenografie migliori della storia della band, alleggerisce i brani, che sono circondati da una cornice che parla di vita e di morte. Il tutto è reso più toccante da un Bruce Dickinson che, nonostante passi lo show a strappare il cuore dal petto di Eddie e lanciare banane al pubblico vestito da scimmia, appare stanco e provato dal tour di 72 show e dalla malattia recentemente sconfitta. Poche volte si erano visti degli Iron Maiden così poco supereroi e molto umani, con Dickinson che sembra soffrire sugli acuti (soffrire, non sbagliare) e sulle note lunghe. Particolarmente toccante è stato il discorso introduttivo a "Blood Brothers", in cui il frontman ha parlato dell'importanza dell'unione e dell'amore come antidoto all'odio in un modo estremamente sincero e toccante. Chiunque abbia assistito al concerto degli Iron Maiden a Wacken 2016 si porta a casa la sensazione di aver conosciuto un po' più da vicino una band che ha come caratteristica principale quella di essere inarrivabile, e che in questo caso si è presentata un poco più umana. Certo è che l'umano in scala Maiden è comunque molto lontano dall'umano dei comuni mortali.

 


Vagando nell'ebrezza del post-Maiden, incrociamo anche i Blue Oyster Cult. Nonostante non si possano collocare tra i rappresentanti del metal più puro, essi sono indubbiamente un pezzo di storia, una di quelle band con la capacità di condurre gli ascoltatori qualche decennio indietro nel tempo. Il pubblico di Wacken, fiutando l'opportunità di assistere a uno show storico, nonostante la mezzanotte e mezza piovosa post Iron Maiden del giovedì sera, si è fiondato davanti al Wet Stage con un entusiasmo inaspettato anche dalla band, che probabilmente ha scattato più fotografie al pubblico di quante ne abbia scattate il pubblico al palco. Sebbene anche i pezzi più vecchi e ricercati abbiano suscitato le reazioni positive della platea, è ovviamente stato "Don't Fear The Reaper" a scatenare il delirio puro, con sessantenni danzanti e ragazzine quindicenni in estasi sotto il palco. I Blue Oyster Cult sono stati nient'altro che un viaggio nel tempo che ha avuto la capacità di unire generazioni di rocker.

 


Le giornate a Wacken sono infinite. Mai aspettarsi che con gli headliners sia tutto finito e che sia ora di tornare in tenda. La prima notte di Wacken viene dedicata ad una delle più sentite e gravi perdite del mondo del rock e del metal dell'ultimo anno: Lemmy. I numerosi stoici spettatori che sono ancora piantati davanti al palco, vedono improvvisamente illuminarsi un gigantesco aereo inscatolato nell'immenso Black Stage. Le note di "Bomber" si diffondono nell'aria di Wacken e immagini di repertorio di Lemmy e dei Motorhead iniziano a scorrere inarrestabili sui maxischermi. È uno spettacolo a cui il pubblico assiste con ammirazione, rispetto e di certo un sacco di malinconia. Sembra che sia tutto, ma Phil Campbell e Mikkey Dee salgono sul palco per rendere tributo a Lemmy insieme al pubblico sottostante. Si chiude così, con questo momento di fortissima tensione emotiva e di empatia, la prima giornata di Wacken.

 


//DAY 2//

 


Il secondo giorno ci aspetta un personale running order davvero intenso. Iniziamo con gli Equilibrium che inaugurano il Party Stage nel primo pomeriggio. I folkmetallers teutonici giocano in casa e godono di un cospicuo pubblico che si crogiola all'inaspettato sole. Il sound epico della band è assolutamente fedele e non delude le aspettative riuscendo ad intrattenere anche gli avventori casuali.
Torniamo al cospetto del Black Stage. È qui che fanno finalmente apparizione sul palco gli Eluveitie, introdotti dalla loro familiare voce narrante. Il set viene inaugurato con "King", singolo tratto dal loro ultimo "Origins". Quelli che abbiamo davanti però, con grande, immenso dispiacere, è solo la metà di quelli che noi conosciamo come gli Eluveitie. È avvenuto, infatti, circa tre mesi fa il fatale split con Anna Murphy, ghirondista e a tutti gli effetti una seconda frontwoman, Ivo - chitarra - e Merlin - batteria. Questo straziante stravolgimento della line up inficia non poco la performance degli Eluveitie al Wacken, facendoci decisamente rimpiangere la storica formazione. Innanzitutto si sente profondamente la mancanza dell'incredibile voce di Anna, che non viene rimpiazzata dalla nuova ghirondista, bensì da Liv Kristine, alla quale vengono affidati due dei brani cantati da Anna che la band era solita proporre dal vivo ultimamente: "The Call Of The Mountain" e "A Rose For Epona". Il risultato è davvero deludente. Si percepisce da troppo lontano l'assenza di complicità e di amalgama tra la cantante e la band, davvero distaccata dai compagni di palco, dalle canzoni e assurdamente impreparata sui brani. La scaletta procede tra successi come "Thousandfold" e brani chicca come "Havoc". Il finale è lasciato, come di consueto, ad "Inis Mona". Un'esibizione amara, quella degli Eluveitie, che, eseguito il loro lavoro, abbandonano il palco.

 

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 Intanto sull'Headbanger Stage è il momento degli Orphaned Land. La band israeliana torna ad esibirsi al Wacken dopo 6 anni e a 10 anni dalla prima partecipazione a questo festival. Il concerto si apre sulle note di "All is One", la title track dell'album più recente del gruppo, che è anche la definizione perfetta dell'atmosfera che gli Orphaned Land riescono a creare con la loro musica e le loro parole. Tra il pubblico infatti, incitato dal cantante Kobi Farhi, sventolano e vengono mostrate con orgoglio numerose bandiere di diverse nazioni, unite per un istante in una cosa sola solo grazie al potere della musica.
La band, evidentemente entusiasta e onorata di poter suonare a questo festival anche se non su uno dei palchi principali, intrattiene il pubblico per 45 minuti con i propri pezzi più conosciuti tra cui "Ocean Land", "Norra el Norra" e "Sapari", durante il quale fa il proprio ingresso anche una cantante femminile. Lo spettacolo vede come ospite anche Johanna Fakhri, una danzatrice del ventre libanese, fino ad arrivare alla chiusura con "In Thy Never Ending Way".

 


Ritorniamo ai palchi principali, perchè è il turno di Tarja. Questo set in particolare è speciale per la bellissima cantante finlandese. Il concerto è infatti anche una celebrazione dell'uscita, proprio in questo giorno, del suo nuovo lavoro studio "The Shadow Self". Così eterea, leggera e incantevole, Tarja propone una setlist basata sui suoi brani da solista, ma con qualche eccezione. A circa metà scaletta, Tarja intona "Supremacy", cover del power trio britannico Muse, forse non particolarmente riconoscibile per la massa di metalheads presenti sotto al palco. Il risultato del riarrangiamento è curioso, ma riuscito. Subito dopo succede quello che probabilmente molti dei presenti si aspettavano e desideravano, più che una cover dei Muse. Le inconfondibili e amate note di "Ever Dream" scorrono nell'aria, realizzando così parzialmente il sogno di risentire questo brano dei Nightwish con la voce che davvero si merita. Le sorprese non sono finite, per il pubblico. Come annunciato durante la conferenza stampa del pomeriggio, proprio in occasione dell'uscita di "The Shadow Self", Tarja invita sul palco Alissa, voce degli Arch Enemy, e insieme interpretano "Demons In You", singolo dell'ultima release della finlandese. Quando due delle più grandi voci femminili del metal si incontrano sullo stesso palco e nella stessa canzone, non può che nascerne un tripudio di artisticità, talento e headbanging, durante il quale la chioma blu di Alissa e quella corvino di Tarja si uniscono in un turbinio senza fine di festa. Con "Until My Last Breath", Tarja abbandona il Black Stage.

 


Ci rivolgiamo ora al True Stage. È qui che aspettiamo gli attesissimi e amatissimi headliners di questa seconda giornata di Wacken. Le luci si spengono, ed ecco i Blind Guardian.
I Blind Guardian rientrano in quella categoria di headliners a cui ci si abitua gradualmente in quanto appartenenti a quel power sinfonico da concept album che, per essere apprezzato appieno, richiede un ascolto attento. Ad ogni modo, vuoi per l'orario di punta della loro esibizione, vuoi per la responsabilità che grava su ogni band quando suona in madrepatria, lo spettacolo è stato impeccabile. L'atmosfera coinvolgeva il pubblico grazie alla solenne energia che trapelava dal palco. In particolare, la tradizionale "The Bard Song" è stata praticamente cantata dalla platea per intero. L'indiscutibile qualità dello spettacolo è stata resa possibile da un Hansi Kirsh in splendida forma che non si è permesso di sbagliare una nota, dimostrando di essere sia all'altezza dell'orario che del palco assegnatogli. Volendo trovare il pelo nell'uovo, le nelle luci del palco, che più che rimandare ad una mistica atmosfera tolkeniana ricordavano bensì quelle di una discoteca techno.

 

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Suonare su un palco secondario, a pochi metri dai main stages, per di più in contemporanea con i Ministry, che stavano nel frattempo intrattenendo il pubblico ancora piuttosto numeroso davanti al Black Stage con il loro ipnotico industrial, ha sicuramente penalizzato il concerto degli UNISONIC i quali, nonostante siano capitanati da niente meno di Mr. Michael Kiske e Mr. Kay Hansen, raramente offrono performance particolarmente memorabili nei festival di grandi dimensioni. Il fatto che l'audio, aggiustato in seguito, a inizio concerto abbia soffocato la voce del cantante, insieme a un pubblico smorzato dalla pioggia e dal fango, ha contribuito alla sensazione di assistere a un concerto tecnicamente perfetto ma sottotono. Dall'esibizione di Kiske, nonostante la potenza della sua voce, trapela una dose appena sufficiente di entusiasmo e motivazione, dose che a Wacken ci si può permettere più o meno solo se si è appunto Michael Kiske. Comunque vada lo show ha regalato momenti molto intensi, in particolare la commovente esecuzione di "Over The Rainbow" introdotta in solitaria dei due ex Helloween seduti a bordo palco, che, ancora una volta insieme, hanno creato un'atmosfera magica.

 


I While She Sleeps sono l'ultima band che riusciamo a gustarci prima della fine del secondo giorno di festival. Il live set della band inizia quando a Wacken è ormai notte con "Brainwashed", brano che dà il titolo all'ultimo lavoro discografico della band. Il pubblico numeroso del WET stage è carichissimo e lo dimostra pogando, saltando e battendo le mani ininterrottamente seguendo i gesti del frontman del gruppo di Sheffield. La scaletta contiene brani come "Dead Behind the Eyes", sulla quale si scatena un circle pit che coinvolge tutte le prime file del pubblico, e "Seven Hills". La fine dell'esibizione è segnata da "Four Walls", sicuramente uno dei brani più famosi dei While She Sleeps, conosciuto anche dal pubblico di Wacken che ne canta a squarciagola i ritornelli, spingendo Lawrence Taylor, il cantante della band ad avvicinarsi alla prima fila e cedere al pubblico il microfono. È con la botta adrenalinica dei While She Sleeps che portiamo a termine anche il day 2 di Wacken.

 


//DAY 3//

 


L'ultima giornata di festival entra nel pieno dell'attività nel primo pomeriggio con i Symphony X. Nonostante l'esibizione dei Symphony X rischiasse di venire penalizzata dall'orario, Allen & Co. non si sono certo lasciati scoraggiare, e hanno dominato il Main Stage per un'ora ricca di tecnica e potenza. Un Russell Allen in piena forma si è impossessato del True Metal Stage, confermandosi uno dei migliori cantanti metal del momento. Pur non mancando i classici, moltissimi sono stati i brani estratti dal recente "Underworld", uscito nel 2015. Il sound tutto sommato molto buono, nonostante i problemi che i Main Stage hanno avuto soprattutto nel primo pomeriggio, ha permesso alla platea di godersi appieno dei Symphony X in piena forma.

 


Si passa poi ai Therion e al loro metal sinfonico. Assistendo ad un concerto dei Therion non si sa se sentirsi catapultati in uno scenario post apocalittico o in un raduno massonico rinascimentale. Tutto nei Therion, dall'atteggiamento dei componenti sul palco, burlone ma solenne, all'infinita mescolanza di generi musicali che li caratterizza li rende una band difficile da recensire, perché difficile da paragonare con qualsiasi altra cosa. I Therion hanno offerto un'esibizione divertente ma decisamente penalizzata dalla posizione nel running order: le sei di pomeriggio dell'ultimo giorno di festival, in contemporanea con i parodici Glory Hammer, che ultimamente sono molto seguiti in Germania. Il risultato è stato un pubblico non particolarmente coinvolto distribuito a chiazze davanti al Black Stage che però, insieme alla luce dorata che ha colorato Wacken prima del tramonto di sabato, ha contribuito a creare un'atmosfera piacevolmente intima.
Apprezzatissima è stata l'apparizione dell'ex cantante Snow Shaw durante l'esecuzione di "Typhon", anche se la sua presenza esclusivamente nella terza traccia in scaletta e la seguente immediata dissoluzione dietro le quinte ha lasciato l'amaro in bocca a molti fan, che speravano in un concerto eseguito da tutti e quattro i cantanti dei Therion in memoria dei tempi andati.

 

Abbandonato il pudore e raccolte a piene mani la malizia e il glam ci dirigiamo nei pressi del True Metal che vede ora protagonisti gli Steel Panther. Non è così grave dire che più che per la musica, lo spettacolo è esilarante per il cabaret dei californiani. Non è una novità: tutte le donne in transenna sono degli Steel Panther, e immancabilmente, anche questa volta, quattro ragazze vengono richieste sul palco da Michael che fa loro le più inquietanti dediche e richieste. E le ragazze si moltiplicano fino a diventare diciasette durante "17 Girls In A Row". Il pubblico è un delirio di risate e urla, ma non esita a cantare a squarciagola pezzi come "Community Property" o "Party Like Tomorrow Is The End Of The World". Un'ora di follia e di euforia, questo ci hanno regalatogli Steel Panther.

 

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 Facciamo un salto sotto al Wackinger Stage che ora è degli Elvenking. La formazione nostrana porta l'orgoglio metal italiano tra le più grandi band metal in circolazione in tutto il mondo. Il pubblico davanti al Wackinger dà un'ottima risposta alla band, donandole grande supporto e dimostrando davvero tanto coinvolgimento. La folla sotto al palco riesce anche ad intonare alcuni dei brani degli Elvenking, creando un bellissimo scambio di energia con la band. Un ottimo risultato per i nostri connazionali che sono riusciti a portare fino a lassù il miglior power metal italiano.

 


wackentwistedSiamo agli ultimi colpi. Il festival sta andando verso il gran finale. Ed è proprio ora che viene salgono sul palco i Twisted Sister. Sabato sera ci si aspettava in grande show, uno show conclusivo di una carriera quarantennale, uno show energeticamente glam, un buon concerto in cima ai tre giorni di Waken 2016. Ma nessuno, nessuno poteva lontanamente immaginare cosa sarebbe successo sabato sera. Sabato sera i Twisted Sister hanno ridefinito il ruolo degli ombretti sulle palpebre dimostrando di saper essere più cattivi dei cattivi per eccellenza, con una versione magnificamente terrificante di "Burn In Hell", che ha sotterrato la cover dei cattivissimi black metallers Dimmu Borgir. Sabato sera Mr. Snider pur di far cantare decine di migliaia di tedeschi impettiti, ha dettato loro i ritornelli delle canzoni da ripetere. Sabato sera Mr. Snider ha ricordato a tutti cosa fosse il rock di un tempo, quello scritto e interpretato con l'unico scopo di spaccare tutto, senza pretese di piacere ad un quarto voglia pubblico. Forse i Twisted Sister non sono stati lo show migliore di Wacken 2016: è innegabile che la spinta rock di Snider lo abbia portato a parlare molto e accorciare la scaletta, e questo potrebbe essere risultato abbastanza fastidioso. É però fuori discussione che il carismatico front man abbia riportato in vita un genuino spirito rock da troppo tempo dimenticato.


Lo show della storica band ha davvero segnato il pubblico di Wacken, che però resiste imperterrito per le ultime band della ventisettesima edizione del festival. Vediamo così sul Black Stage gli Arch Enemy, in buona forma e anche molto concentrati: il concerto di Wacken è infatti stato scelto per essere ripreso per un DVD live a breve in uscita. La potenza di Alyssa è davvero incontenibile e riesce a tenere in pugno il pubblico per tutta la durata del set, in particolare su brani di grande presa come "War Eternal".
Il gran finale di Wacken 2016 è lasciato ad un altro tributo. Il True Stage viene lasciato, per l'ultima volta in questa edizione, ai Dio Disciples. Durante il set compare sul palco un ologramma di Ronnie James Dio, un regalo ai fan che ne sentono la mancanza, questo il motivo riportato dalla band per tale scelta. Per l'ennesima volta qui a Wacken un concerto intenso e dal grande impatto.

 


Per la terza e ultima volta muoviamo i nostri passi pesanti fuori dal mare di fango di Wacken, con meno voce, meno forze, ma una miriade di immagini, di suoni e di emozioni che ci attraversano il corpo. Anche questa volta Wacken sembra essere concluso... ma di nuovo è solo tutta un'impressione. Insieme a tende, zaini, auto, quello che ci si porta via da Wacken è una borsa piena di canzoni urlate e saltate, di mani strette, di persone incontrate e di birre condivise. Sensazioni difficili da lavarsi via di dosso... proprio come il fango dagli anfibi. Wacken non finisce mai. Ci vediamo l'anno prossimo!




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