The London Souls - Ippodromo delle Capannelle
27/07/15 - Ippodromo delle Capannelle, Roma


Articolo a cura di Valerio Cesarini

Lo spazio è enorme, la folla, sparsa, si fa lentamente più fitta sotto l'enorme palco che, di lì a qualche ora, avrebbe ospitato Lenny Kravitz e la sua band.


L'atmosfera è la solita: gente che va e gente che viene, i fan più sfegatati a sudare in prima fila da ore, birre e panini perchè dopo non ci si può distrarre per mangiare.


E' nella generale, concitata indifferenza che due persone salgono sul palco, minuscoli là dove una band enorme e scenografica dovrà fare gli onori di casa, fianco a fianco, con una chitarra e una batteria.


Tash Neal e Chris Sant'Hilaire sono tutto ciò che basta ai London Souls per esplodere la loro proposta dal vivo: le prime teste fra il pubblico si girano agli accordi iniziali di Neal, distorti e ad alto volume specie quando c'è poco pubblico a rumoreggiare, specie quando sul palco si vedono solo due individui, piccoli e in lontananza.


La parola fondamentale per quello che è successo è una: LIVE. L'esperienza London Souls contiene tutta la potenza di quello che veramente è uno spettacolo dal vivo: blues rock ad alti volumi, graduale coinvolgimento del pubblico -ora non più così sparuto, performance da professionisti, senza errori, e i cari, vecchi, inconvenienti del palco.


Per tre quarti d'ora, Neal e Sant'Hilaire hanno intrecciato i loro strumenti e le loro voci, proponendo una scaletta piuttosto varia del loro repertorio di rock sanguigno, e mostrando veramente come si lavora in questo campo. In due non è facile tenere un palco, nè a livello di presenza nè a livello di arrangiamenti: le chitarre di Neal, fuzzose e rimbombanti, dovevano anche sopperire a tutte le frequenze basse; la batteria d'altro canto non poteva permettersi di lasciare spazi vuoti; inoltre le uniche melodie (e armonie) potevano essere scolpite dalle voci.
Due, solo due ragazzi con l'ambizione del rock d'annata, ci hanno fatto capire cosa significa saperci fare davvero: la musica è stata coinvolgente, gli strumenti suonati alla perfezione, le voci decisamente di un certo livello.


E i momenti in cui la qualità dello spettacolo è stata sugellata sono quelli finali: da una parte, la band successiva, prima di Kravitz, con più elementi, più strumenti, e probabilmente anche più fama, ha sofferto un confronto rivelatosi impari a favore dei due americani. Dall'altra parte: ultimo brano dei London Souls (quasi a farlo apposta), e Tash rompe una corda.


Ora, concedetemi di romanzare un minimo, ma c'è qualcosa di più rock che concludere il concerto con la corda penzolante, rotta dalla foga, e la canzone comunque eseguita perfettamente?

 




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