Sembra esser passato pochissimo tempo da quando quattro ragazzini inglesi sbarbati presero armi e bagagli, e partirono per il loro primo tour a cantare “Oh you are so naive yet so!” in giro per il mondo. Ecco, in realtà di tempo ne è passato (esattamente una decade quest’anno) e ad attestarlo è prima di tutto il fatto che ora Luke Pritchard ha la barba. Eppure una cosa è da notare: loro invecchiano (ormai si avvicinano alla trentina), il pubblico ringiovanisce.
Per avere un’evidenza empirica di quanto appena detto, basta tornare a domenica 22 febbraio, Milano, Fabrique. Unica data italiana del tour 2015, in supporto al loro neonato quarto album Listen, naturalmente sold out, malgrado il freddo pungente tipico di una serata invernale milanese e la posizione non propriamente centrale del locale. Si parla di circa 3mila teste, rappresentate in maggioranza schiacciante da 15enni con camicie a quadroni, converse, dilatatori, occhiali da sole e ciuffi al vento. A quanto pare, sembra che i The Kooks siano costantemente apprezzati nelle aule del primo liceo da anni e anni. Non dimentichiamoci però anche del restante 30%, dall’età un po’ più avanzata, riunito in quel locale dal pensiero “almeno una volta nella vita, i The Kooks son da vedere live”. Ad occhio, nessuno delle due proporzioni è rimasto insoddisfatto dello show.
Ad aprire le danze ci pensano i newyorkesi Bleachers, nuovo progetto partorito dalla mente del chitarrista dei Fun, Jack Antonoff, al loro primo debutto in Italia. Nonostante la poca notorietà nel Bel Paese, l’energia e il sound vivace colpiscono e catturano in particolare la parte giovane del pubblico, ma anche i più “anziani” non sembrano disprezzare. Tra le 3mila anime, ce n’è poi qualcuna che conosce e canta ogni singola parola dei loro brani, ad attestazione del fatto che anche il loro successo in Italia potrebbe essere più che immediato. Antonoff ringrazia più e più volte (forse anche troppe) il pubblico e si mostra particolarmente emozionato e soddisfatto, e dopo la coinvolgente “I Wanna Get Better” e qualche siparietto di sax, le luci di spengono per circa una mezz’oretta.
Puntuali come un orologio svizzero (l’inizio era previsto per le 21.30), alle 21.28 Pritchard e soci fanno lo loro comparsa sul palco, tra le ugole urlanti di centinaia di ragazzine deliranti, colpite e affondate dal figurino della voce dei The Kooks. Ed effettivamente, il buon caro vecchio Luke non è che faccia molto per calmare i bollenti spiriti, anzi si cimenta in mossette volte a sottolineare ed evidenziare il suo “sex appeal”. Tipico di un bravo frontman inglese. Subito dunque il ricciolo più invidiato del Regno Unito ostenta le sue capacità di animale da palcoscenico con “Around Town”, prima traccia del nuovo album. La padronanza della scena è inoltre mostrata nel momento in cui resta da solo sul palco a cantare “Seaside”, facendo venire i lucciconi agli occhi a tutto il giovane gentil sesso presente. Eppure Luke non è solo di bella presenza, ma è anche bravo: sfoggia tutta la sua versatilità come musicista, non esulandosi dal suonare anche la tastiera in alcuni brani. La scenografia sullo sfondo è elementare, ma sufficiente: pochi display proiettano semplici immagini, forse un po’ vintage, quasi a non voler distrarre troppo l’attenzione dai quattro (più un turnista) lords di Brighton, che si dimostrano essere la scenografia di loro stessi. Il sound così come la voce appaiono pulite, senza troppe imperfezioni, e catturano le orecchie di ognuna delle 3mila teste, senza alcuna eccezione.
Ma diamo a Cesare quel che è di Cesare: la buona acustica del locale ha giocato il suo ruolo. Pezzi nuovi si intersecano in scaletta accanto a quelli storici del successo come “She Moves In Her Way”, “Ooh La”, “See The World” e si nota ad orecchio la differenza tra i due sound: è evidente che i nuovi brani siano maggiormente intrisi di sfumature un po’ più soul e pop. Ancora qui l’audience sembra dividersi: pare che gli under 20 apprezzino di più le novità, mentre la restante parte attende con ansia le storiche hit. Ed è, come prevedibile, in occasione di queste ultime che l’animo della serata raggiunge il suo massimo. In particolare è la conclusiva Naive a scatenare gli animi dei presenti in un’onda di movimenti ed entusiasmo che mettono il punto finale alla serata.
Tutti soddisfatti dunque, forse un po’ di gusto amaro dettato dall’oretta e mezza scarsa di concerto, che sembra finire troppo presto (per il dispiacere delle lovers di Luke), ma va bene così. Insomma, anche questa volta i The Kooks non hanno sbagliato niente. E la barba sta crescendo molto bene.
Set list Bleachers:
Wild heart
Shadow
River
Rollercoaster
Mystery
I Wanna Get Better
Set list The Kooks:
Around Town
See The World
Ooh La
London
Bad Habit
Down
She Moves In Her Own Way
Eddies Gun
Seaside
Dreams
Westside
Always Where
Junk Of The Heart (Happy)
Sweet Emotion
Saboteur
Sway
Sofa Song
Forgive And Forget
See Me Now
Do You Wanna
Naive