Hellfest 2017
16/06/17 - Val de Moine, Clisson, Francia


Articolo a cura di SpazioRock

Articolo a cura di Michela Maccarrone, si ringraziano Stefano Torretta, Luca Ciuti, Giovanni Ausoni, Mattia Schiavone, Federico Falcone e Cristina Cannata per la collaborazione.



Foto di Federico Benussi


Dodicesima edizione dell'Hellfest, diventato ormai il festival dei festival: 159 band che in tre giorni si sono alternate su altrettanti palchi al coperto e sui due mainstages. L'organizzazione del festival è come sempre ineccepibile: molti gli addetti alla security, soprattutto attorno ai palchi, altrettanto numerosi i punti di distribuzione dell'acqua corrente e, al contrario dell'Italia, qui le bottigliette sono ben accette e ricaricabili gratis, un vero toccasana in questi giorni torridi e l'ennesima lezione per gli organizzatori nostrani, assieme a una lunga serie di facilities fra cui il consolidato pagamento cashless con le tessere ricaricabili.

 

DAY 1

 

QUEENSRŸCHE

 

queensryche 

Il nostro debutto all'Hellfest si è consumato sulle note di una band storica dell'heavy metal: i Queensrÿche. A tal proposito mi viene in mente un ricordo risalente ai primi anni '90, ovvero quelli di un vinile messo sul giradischi da un mio amico: "Empire" cioè la release che garantì alla band l'apice della loro popolarità commerciale grazie anche alla bellissima "Silent Lucidity". Sono cambiati tempi e formazione, ma Todd La Torre e soci ci hanno regalato una performance davvero eccelsa e pulita. Ne è stato garante il pubblico che ha assistito numeroso, apprezzando manifestatamente la selezione di brani, tutti pezzi di repertorio, a partire dalla prima "Screaming in Digital", seguita poi da altri brani tradizionali tra i quali "Take Hold Of The Flame", "Queen Of The Reich", "Empire" e soprattutto la portentosa e amatissima "Operation: Mindcrime" che ha mandato letteralmente in visibilio i presenti.

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POWERWOLF

 

powerwolf 

Ore 17:40, è il turno dei Powerwolf, con una delle esibizioni migliori e più coinvolgenti del giorno. L'intesa con il pubblico, entusiasta, è palpabile e la band infatti non risparmia certo i ringraziamenti. Entra per primo il batterista, Roel Van Helden e gli si legge in faccia la soddisfazione nel constatare una folla davvero numerosa e partecipe. Come da tradizione, il palco è allestito come un vero e proprio altare: le tastiere sono nascoste da leggii a forma di fiero volatile e l'asse del microfono del cantante sembra ispirato ad Excalibur, decorato dalle classiche ed immancabili croci. Sullo sfondo sono proiettate le vetrate di una cattedrale. Tutto sembra pronto per la sacra cerimonia dei Powerwolf che inizia con una "benedizione" di Attila Dorn prima che questi intoni "Blessed And Possessed". Il pubblico canta a squarciagola ogni brano in scaletta e il cantante dà a tutti il benvenuto alla grande messa nera del metal prima di "Army Of The Night", finita la quale chiede ai presenti se siano davvero convinti di voler lottare per l'heavy metal e il pubblico all'unisono risponde di sì. Dopo "Amen & Attack" arriva la richiesta, rivolta ovviamente ai soli uomini, di alzare la propria mano e di pregare per i propri genitali, il pubblico all'unisono grida e risuona "Coleus Sanctus". Iniziano i cori incitati dal classico "listen and repeat" e parte "Armata Stringoi". Si alternano poi "Resurrection By Erection", "Sanctified With Dynamite", "Werewolves Of Armenia" e si finisce con una alzata di calice al pubblico per la potente "We Drink Your Blood". Il pubblico è esaltato e la band, prima di congedarsi, torna a ringraziare tutti, inclusa la security: "You are fucking amazing".

 

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BEHEMOTH

 

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Da una messa nera all'altra, al mainstage 2 va invece in scena quella dei polacchi Behemoth. I pentacoli e tutti gli elementi ricorrenti nel loro "The Satanist" spiccano in bella mostra. Parte il fumo e, come di consueto, la band fa il suo ingresso incappucciata. Nel dettaglio, Nergal si destreggia circense roteando due sfere infuocate: poi dà avvio alle danze con la trionfale "Blow Your Trumpeths Gabriel". La perversa e monolitica lentezza iniziale del pezzo funge solo da lungo preambolo, il cui incedere in apparenza solenne culmina all'improvviso in un'esibizione brutale, capace di scatenare il pogo tra i fans. Molti i brani dell'ultimo album suonati dalla band: la perizia tecnica espressa in "Messe Noire", la melodia catchy di "Ora Pro Nobis Lucifer" e la carica  ipnotica che avvolge "The Satanist" ammaliano la folla entusiasta. Si giunge così a uno dei momenti cruciali della performance: l'epica e teatrale "O Father O Satan O Sun!", di fatto ormai nuovo inno del gruppo in sede live, con parti narrate e doppie voci in grado senza dubbio di affascinare anche gli ascoltatori più recalcitranti. Il concerto prosegue inanellando un trio di pezzi meno recenti: il trasporto cadenzato di "Ov Fire And The Void" e la mefistofelica atmosfera di  "Conquer All" accompagnano la torma in delirio verso la fine del maligno rituale. La corde vocali di Nergal marchiano l'apocalittica "Chant For Eschaton 2000": le ferine urla del frontman, provenienti direttamente dal regno degli spiriti demoniaci, rappresentano la degna conclusione di uno show sulfureo e coinvolgente.

 

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DEEP PURPLE

 

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Ore 20:45 è il momento della band più attesa della serata, sul mainstage si appresta a salire una vera e propria pietra miliare del rock, arrivata al suo tour di addio (ma sarà davvero così...?) arrivato ormai anche in Italia. Il set alterna estratti dall'ultimo lavoro a brani che hanno fatto la storia della musica moderna. E' "Time For Bedlam" ad aprire il concerto, seguita da brani storici come "Fireball" e "Bloodsucker", in cui Ian Gillan rispolvera le tonalità che lo hanno reso celebre. Spazio anche per una esemplare esecuzione di "Strange Kind Of Woman" in cui molto spazio viene dato prima alle tastiere e poi alla chitarra. Un concitato scambio di battute tra Ian Gillan e Steve Morse ed ecco "Uncommon Man", "Lazy" e la nuova "Birds Of Prey", che spiana la strada all'ultima tranche di hit: "Hell To Pay", "Perfect Strangers", "Space Truckin'" e "Smoke On The Water". L'assolo di tastiere di Don Airey è di quelli da ricordare, con la citazione della francese "Alouette, Gentille Alouette" per il tripudio del pubblico locale. L'esecuzione come al solito è di quelle che non si discutono, (un'altra menzione per la commovente parte di piano di "The Surprising"); la band si congeda con le consuete "Hush" e "Black Night".

 

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SABATON

 

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Rispondiamo volentieri anche alla chiamata alle armi dei Sabaton, protagonisti di un allestimento davvero degno di nota, come già quello dell'ultimo tour. Batteria a bordo di un formidabile carrarmato, casse di munizioni, elmetti e consueta divisa mimetica per gli svedesi. Ad aumentare l'impatto di questa già superba esibizione c'è stato l'accendersi di effetti pirotecnici sugli stand del merchandising all'ingresso, trovata che ha fatto voltare non poche teste nonostante la distanza. La band apre con "Ghost Division" per poi proporre brani quali "Sparta" e l'apprezzatissima "Winged Hussars" (presentata con un bel quiz storico) che, insieme alla title-track hanno ben rappresentato l'ultimo "The Last Stand". Oltre all'immancabile "Primo Victoria", c'è spazio anche per "Swedish Pagans" per la quale Joakim Brodén cede il microfono ad un emozionato Laurent Fabizs, cantante dei francesi Kryzees, vincitore del concorso promosso dal magazine connazionale Metallian. 

 

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IN FLAMES

 

Ultimo concerto del giorno quello degli In Flames con il loro death metal melodico che hanno offerto un'ottima prova tecnica. Nonostante le critiche ricevute riguardo l'ultimo "Battles", per questa edizione del festival la band è riuscita a proporre una scaletta che ha saputo innescare il coinvolgimento e pogo del pubblico in svariate occasioni. Se in apertura si trova "Wallflower", sono seguite poi "The Truth", "Here Until Forever" e le più storiche "The Jester's Dance" e "Moonshield". Chissà perché ne abbiano sentito il bisogno ma, durante l'intera durata dell'esibizione, Anders Fridén e soci hanno rimarcato a più riprese il fatto che gli In Flames siano una Band Metal! Discreto gioco di luci a fare atmosfera, con neon ora bianchi ora rossi, che illuminavano il palco dal basso, mentre la band infilava la quindicina di brani che le hanno permesso di comprovare l'affermazione di cui sopra. Tutto è filato liscio quindi fino al decimo brano eseguito sul palco quando Anders si è imbarcato in un discorso simil-esistenziale che ahimè, non ha suscitato grande empatia alle 2 di notte. Sarà stato lo sbalzo di atmosfera suscitato dall'interruzione, sarà stata l'ora, il pubblico ha quindi iniziato ad andarsene e purtroppo la band si è ritrovata a chiudere con i due ultimi pezzi, "The End" e "Take This Life", di fronte a un pubblico ormai dimezzato.


DAY 2

 

PHIL CAMPBELL AND THE BASTARD SONS

 

Ricominciamo alle 13:35 dal mainstage 1 con i Phil Campbell And The Bastards Sons e il pensiero corre ovviamente a Lemmy Kilmister che, proprio in questa cornice, veniva omaggiato un anno fa. La band fondata dal leggendario chitarrista dei Motörhead, che include i tre figli di Campbell e il cantante Neil Starr, ha radunato molti fans a dispetto del caldo soffocante. Sono stati proposti sia pezzi dal loro eponimo EP di debutto tra i quali "Big Mouth", "Spiders" che cover dei Motörhead. Assolutamente degna di nota l'esecuzione di "Born To Raise Hell" con ospite il cantante degli Ugly Kid Joe, mentre "Ace Of Spades" e "Kill By Death" hanno chiuso i bis. Momento di commozione quando viene annunciato che nel tardo pomeriggio alla War Zone verrà eseguito un nuovo tributo a Lemmy.


STEEL PANTHER

 

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Il prossimo gruppo di rilievo della nostra scaletta sono gli Steel Panther, l'ex tribute band di Los Angeles che mescola hard rock e glam. Impossibile non appassionarsi al loro look, imitato da molti fans. Si sono presentati con i loro immancabili "pantaloni" glam super aderenti, maculati e neri sfrangiati sul lato per Michael Starr, lucidi e fucsia per il mitico Lexxi Foxx, verdi per Satchel. Divertenti gli sketch che i tre ci hanno saputo regalare lungo tutta la seguitissima performance, facendo di questa esibizione indubbiamente la più divertente di tutto l'Hellfest. Come non ridere mentre vedi Lexxy sistemarsi il lucida-labbra allo specchio, ovviamente con il suo nome e senti il chitarrista scusarsi per la sua stupidità? Ma gli Steel Panther sono anche altro e, dietro il look e le tematiche delle canzoni decisamente Sex, Drugs and Rock'n'Roll si nascondono dei bravi musicisti, tecnicamente preparati ed in grado di far divertire e intrattenere le folle. E si è visto anche qui all'Hellfest! Come non saltellare sui nuovi brani del loro quinto album "Lower The Bar" quali "Going In The Back Door", "That's When You Came In", "Poontang Boomerang", e sui loro vecchi successi come "Gloryhole" o "Fat Girl"? Non mancano momenti epici nella loro performance: ad un tratto il cantante dice al pubblico di cantare questa canzone d'amore alla propria ragazza ed all'unisono il pubblico risponde intonando la strofa "My heart belongs to you / But my cock is Community Property" dall'omonomo brano e ovviamente tra le urla estasiate inizia la canzone. Da ricordare anche il momento in cui viene suonata "17 Girls In A Row", in cui molte ragazze del pubblico sono fatte salire sul palco, molte come da tradizione a seno scoperto, regalando il momento più "hot" di tutto il festival. Ci potrà essere anche chi li considera volgari, ma gli Steel Panther sono un gruppo che richiede ironia, tanto più che sono le ragazze ad amarli!

 

DEE SNIDER

 

Al mainstage 2 troviamo il carismatico Dee Snider che per tutti è, e sempre resterà, il cantante dei Twisted Sister, come sottolineato, forse un po' a malincuore, dallo stesso interessato quando fa notare come, soltanto qualche anno prima, avesse potuto esibirsi per ben due ore mentre stavolta gli siano toccato soltanto tre quarti d'ora. Capelli lunghi raccolti, chiodo, pantaloni rossi e voce da brivido. Dà il via alle danze con "We Are The Ones" e poi accontenta subito il pubblico con "The Kids Are Back" prima di togliersi la soddisfazione di reinterpretare la bellissima "Head Like A Hole" dei Nine Inch Nails che coi Twisted Sister non era mai riuscito a fare per mancanza della tastiera. Dedica poi "We're Not Gonna Take It" a chi vive la musica dal vivo con passione, alla luce dei terribili fatti di cronaca più recenti e poi una cover di "Outshined" dei Soundgarden a Chris Cornell, ricordato insieme allo scomparso batterista dei Twisted Sister AJ Pero. Dopo l'immancabile "I Wanna Rock", Snider ricorda che il compito del metal è anche quello di far riflettere e parte quindi la bellissima e intima "So What". Davvero un emozionante finale.


SAXON

 

saxon 

Biff Byford e compari hanno di fatto offerto l'ennesima prova da incorniciare, frutto di una carriera spesa sui palchi di mezzo mondo. Con le braccia spalancate, in piedi dietro al microfono, il singer sembra un profeta che sovrasta benevolo i suoi discepoli. Molti i pezzi in scaletta, appartenenti a varie epoche della formazione britannica, dalla recente "Battering Ram" alla sempreverde "Motorcycle Man". E ancora "Power And The Glory", "Battalions Of Steel", "Heavy Metal Thunder" e infine la classica "Denim And Leather" cantata per un pubblico che gli ha dedicato tutta l'attenzione che si riserva alle istituzioni del genere.

 

AIRBOURNE

 

Alle 21, puntuali sulla tabella di marcia, inseriscono il jack negli amplificatori gli Airbourne e si scatena una travolgente ondata di rock'n'roll. Tra chi li definisce gli eredi degli AC/DC, e chi, invece, nient'altro che una loro cover band, la band australiana, capitanata dal carismatico Joel O'Keeffe, ha deliziato i presenti con riff potenti e suoni incalzanti. La maggiore esperienza rispetto agli altri gruppi in cartellone si è sentita tutta, così come la grande energia messa in ogni singola esecuzione. Arrivati al loro quarto album, "Breakin' Outta Hell" e dotati di un'innegabile carica adrenalinica, realizzano, per tutta la durata del set, quell'anello di congiunzione tra vecchio e nuovo rock'n'roll. "Ready To Rock" scatena una irrefrenabile festa, con tanto di crowd surfing, che prosegue con "Too Much, Too Young, Too Fast" eseguita al fulmicotone grazie ai solos di "Down Of You" e i cori da stadio che introducono "Rivalty". A completare il quadretto, perfino qualcuno travestito da volpe...

 

PAIN OF SALVATION

 

Finito il loro concerto, mentre prendo appunti, un giornalista francese mi si avvicina consigliandomi di riassumere l'intero concerto in due parole "pura poesia". E' di questo che si parla quando ascolti Daniel Gildenlöw e i suoi Pain Of Salvation, con il vecchio Johan Hallgren che ritorna in formazione dopo la dipartita ad aprile di Ragnar Zolberg, che ha lasciato il gruppo per "contrasti interni". La luce è bassa in un già scuro Altar, in cui il suono delle prime canzoni rimbomba deciso. La band, come di consueto, inizia con "Full Throttle Tribe", seguita da una delle mie canzoni preferite tratte dall'ultimo concept album "In The Passing Light Of Day", "Reasons", in cui i numeri vengono cantati, per l'occasione, in francese. E' poi il turno di "Meaningless", alla fine della quale Daniel dà il ben tornato a Johan Hallgren, seguita da un'acclamata "Linoleum", in cui le particolari luci dal basso creano un'atmosfera intima e profonda. Poi si torna nel 2002 con "Rope Ends" e "A Trace Of Blood". Il finale è invece suggellato dalla bellissima, potente e malinconica "On A Tuesday".

 

AEROSMITH

 

Per l'attesissima performance della band di Steven Tyler la folla si è fatta oceanica. Non si può negare l'emozione nell'assistere ad una delle ultime date di una band così storica, una di quelle che ha accompagnato buona parte dell'esistenza di molti di noi. Come già fu per i Black Sabbath nell'edizione precedente, anche quello che pare essere il tour d'addio degli Aerosmith ha fatto tappa a Clisson. La setlist, costellata di successi universalmente noti, parte con la self-explanatory "Let The Music Do The Talking" per poi proseguire con "Young Lust", "Cryin'" e "Living On The Edge". Sui maxi-schermi, accesi dopo le prime due tracce, campeggia poi anche la scenografia di "Love In An Elevator". Si prosegue con la fisarmonica di "Sweet Emotion" e la romantica "I Don't Want To Miss A Thing" ma è il finale a regalare il meglio: "Dude (Looks Like A Lady)" e la struggente "Dream On" che Tyler esegue, ancora una volta, al pianoforte sul quale salirà Joe Perry a suonare. Un momento davvero toccante. La band si congeda quindi dai fan con l'energia della più vivace "Walk This Way", concludendo così l'ennesimo spettacolo indimenticabile, figlio di chi ha fatto la storia del rock. Potrà pure trattarsi di un addio ma noi continueremo a sognare e a cantare "fino a che i nostri sogni diverranno realtà, anche se le rughe segneranno i nostri volti sempre più chiaramente".

 

KREATOR

 

kreator 

La chiusura della seconda giornata spetta al thrash metal dei Kreator. Il palco è stato allestito con elementi architettonici gotici che fungeranno da schermi. Ad aprire la setlist ci pensa "Hordes Of Chaos" che scatena subito il pubblico. Il gruppo di Mille Petrozza crea uno spettacolo in cui si alternano brani più recenti come "Satan Is Real", estratto dall'ultimo "Gods Of Violence", ai grandi classici che non possono mai mancare nelle esibizioni live dei tedeschi quali "Violent Revolution", "Phobia", "People Of The Lie" e "Enemy Of God". E' poi "Phantom Antichrist" a preannunciare l'apparizione sugli schermi di Cristo con inciso sul volto un pentacolo. La reazione del pubblico a questo punto diventa incontenibile tanto che all'inizio di "Enemy Of God" Petrozza chiederà alla folla di dividersi in due parti, una destra e una sinistra, per far accompagnare il brano da immensi cerchi umani. Performance magnifica che ha la sua naturale chiusura con un'accoppiata killer: "Violent Revolution" - "Pleasure To Kill"!

 

DAY 3

 

HIRAX

 

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Ci spostiamo all'Altar che sembra già un campo di battaglia al termine delle ostilità: gente distesa ovunque alla disperata ricerca di ombra sotto il capannone. Presenziamo alla performance dei thrashers statunitensi capitanati dall'unico membro rimasto della formazione originale: Katon De Pena. Fortunatamente il pubblico si rianima non appena partono le rasoiate dell'anthemica "Helion Rising", tratta dall'album "Immortal Legacy". Le adrenaliniche "Black Smoke"e "Baptized By Fire" si affiancano alla grezza "Hostile Territory": eseguiti a raffica e con carica indomita, i pezzi mostrano quanto la band riesca, senza batter ciglio, a calamitare entusiasmo e coinvolgimento. Selvaggio mattatore, il frontman non conosce pause, a dispetto della non verdissima carta d'identità; la sua voce tuona potente quando annuncia l'immancabile "El Diablo Negro" e la platea si incendia al sound spietato e sanguinario del brano. Il live show termina dopo una prestazione bollente e stillante sudore, tra i devoti defenders che rumoreggiano soddisfatti e Katon che ringrazia del supporto incondizionato: lo spirito dell'Heavy Metal più autentico aleggia ancora vitale.

 

ALTER BRIDGE

 

alterbridgeOre 18:25, ricomincia ad arrivare la folla al Main Stage 1 per l'attesissima performance della band che nel 2016 ha realizzato un vero capolavoro intitolato "The Last Hero": gli Alter Bridge. La band di Myles Kennedy e degli ex Creed Mark Tremonti , Brian Marshall e Scott Phillips ha emozionato con una performance di alto livello. Lo show è energia allo stato puro, con virtuosismi senza pari. Tra i primi brani vengono suonate "Come To Life" e "Farther Than The Sun", accolte dal boato del pubblico, mentre i cori si fanno potenti con "Addicted To Pain", cantata da un soddisfatto Kennedy di fronte ad un vero stuolo di fan. Seguiranno la impetuosa "Cry Of Achilles" e una portentosa "Blackbird", tutte recitate a memoria dalla folla. Kennedy e Tremonti ci regalano intermezzi acustici e potenti riff di chitarra, un vero e proprio duello chitarristico. Difficile dire qual è stato il pezzo preferito dal pubblico, tutte le canzoni hanno suscitato entusiasmo, la gente si è divertita, compresa la sottoscritta rinfrescata anche dagli idranti che sparavano sopra alla folla. Saranno riusciti gli Alter Bridge a spronare il loro pubblico, a farsi portavoce del bisogno di un nuovo leader e di un nuovo risveglio sociale? Saranno riusciti a far venire ad ognuno di noi la voglia di combattere e di mettersi in gioco per tutta la comunità? Io credo proprio di sì.


PROPHETS OF RAGE

 

Arriva il momento tanto atteso, quello della "battaglia sociale" condotta dai Prophets Of The Rage, il super gruppo rap- metal che vede riuniti, sotto un'unica bandiera, il frontman dei Cypress Hill - B-Real - gli ex membri dei Rage Against The Machine - il bassista Tim Commerford, il chitarrista Tom Morello e il batterista Brad Wilk  - e due componenti dei Public Enemy - il rapper Chuck D e DJ Lord. La connotazione politica è già evidente dalle due stelle rosse presenti sul palco, con B-real a indossare la Kefia e i membri della band con il pugno alzato a dare il benvenuto al pubblico entusiasta. Sarà pure il loro primo tour mondiale ma, vista l'enorme esperienza dei musicisti in questione, è evidente che questo sia solo l'inizio. Il nome è preso in prestito dalla omonima canzone dei Public Enemy - eseguita subito all'inizio- , seguita da "Testify", "Take The Power Back", "Guerrillia Radio" (dei mai troppo amati Rage Against The Machine) e ovviamente non potevano non eseguire la loro "Unfuck The World", per poi tornare a "Bombtrack", seguita dalla "Fight The Power" dei Public Enemy. Segue quindi un bellissimo medley di classici dell'hip-hop quali "Hand On The Pump", "Insane In The Brain", "Bring The Noise" e "Jump Around". Il tutto annunciato dalla domanda: "siete all'Hellfest per ascoltare metal, ma vi va di ascoltare un po' di classico fottuto hip hop?" Da qui è un attimo il passare a stringere mani e abbracciare la gente in segno di fratellanza. Si segnala una bellissima versione strumentale di "Like A Stone" in memoria di Chris Cornell. In chiusura una perfetta esecuzione di "Killing In The Name"!

 

 

FIVE FINGER DEATH PUNCH


five_finger_death_punchMainstage 2 ore 21:50: si aspettano i 5FDP ma Ivan Moody non ci sarà. Come annunciato dalla band il 14 giugno, termineranno il tour con Tommy Vext dei Bad Wolves come cantante. Una scelta probabilmente dettata da una sorta di Realpolitik: un altro deludente show della band causato dal cattivo temperamento del suo leader sarebbe stato piuttosto imbarazzante. Promozione a pieni voti per tutti: i chitarristi Zoltan Bathory e Jason Hook, il bassista Chris Kael e il batterista Jeremy Spencer si comportano da formazione compatta, non facendo trapelare minimamente le recenti difficoltà. Vext parte alla grande incitando il suo pubblico con un paio di esortazioni incendiarie: "Hellfest, what are you fucking doing? Jump, Jump, make some fucking noise!" e le danze si aprono magicamente. "Lift Me Up", "Never Enough", la potente "Washing All Away", "Got Your Six", la cover "Bad Company" e l'acclamata "Jekyll And Hyde" si susseguono senza fiato: i fans, piacevolmente esterrefatti, creano cerchi di sciamanica energia. A questo punto Tommy intona "We Will Rock You" dei Queen. La magnitudo cresce d'intensità, poi l'esecuzione a cappella di una bellissima e commovente "Black Hole Sun" dei Soundgarden smorza i toni: l'atmosfera è carica di pathos. Con "Burn MF" l'aria diventa elettrica, mentre l'intreccio di cori tra frontman e fans deliranti in "Burn Mother Fucker Burn!" provoca estatici stati di trepidazione. Notevole la versione acustica di "The Agony Of Regret", la cui esecuzione vede una breve pausa per problemi tecnici; Tommy ne approfitta per salutare una ragazza sulla sedia a rotelle, una vera "Amazing Metalhead" che, con coraggio e passione, si è fatta trasportare fino a bordo palco. Il cantante ordina di accendere le torce dei cellulari, è la volta dell'ultima, emozionante "The Bleeding".

 

 

LINKIN PARK

 

­Sarà la terza o la quarta volta che vedo i Linkin Park dal vivo e questo mi è parso uno show ben eseguito, ma non con vero coinvolgimento da parte della band. Malgrado gli scambi e gli abbracci con il pubblico, se mi è concesso, non sembravano affatto convinti di essere all'Hellfest, concludendo anche quasi 20 minuti prima del previsto la loro performance. Ad ogni modo, lo show è stato tecnicamente ineccepibile, tutti i musicisti sono stati bravissimi, in primis il sempre saltellante Chester Bennington e Mike Shinoda. Sul palco campeggiano tre basi rialzate romboidali sulle quali sono posizionate batteria, tastiere e mix e la postazione di Shinoda. Davvero tantissimi i pezzi eseguiti che in passato hanno reso i Linkin Park una band da 70 milioni di dischi e che hanno permesso loro di vincere diversi award come miglior gruppo rock e alternative rock. Si genera sempre un'emozione indescrivibile mentre si ascoltano pezzi come "Burn It Down", "The Catalyst", "One Step Closer", "Castle Of Glass" (seppure in versione Experience), "New Divide" o "Waiting For The End". Ottima "Breaking The Habit" con finale a cappella e la versione al piano di "Crawling". Davvero tanti i classici eseguiti, come "Leave Out All The Rest", "What I've Done", "In The End" (cantata dal pubblico fino alla seconda strofa), "Numb", "Papercut" e sul finale una sempre fortissima "Bleed It Out". Dall'ultimo album la band ha proposto "Talking To Myself", "Good Goodbye", "Invisible", "One More Light" e "Heavy".

 

SLAYER

 

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L'ultima band a esibirsi sul mainstage è la leggenda del Thrash Metal: gli Slayer. Tom Araya nota ben presto la stanchezza sui volti del pubblico: "è la Zombie Hour ma l'importante e che voi siete qui e siate davvero numerosi". Sull'esecuzione davvero nulla da dire, sono stati bravi, appassionati, coinvolgenti, sarà per il numeroso pubblico dell'Hellfest, ma sono incazzati e duri come non mai! Iniziano lo show con "Repentless" ed eseguono una quindicina di pezzi alla perfezione tra cui tutti i grandi classici quali "Mandatory Suicide", "War Ensemble", "Dead Skin Mask", "Hate Worldwide" e "Season In The Abyss". A "South Of Heaven", "Raining in Blood" e "Angel Of Death" il duro compito di chiudere non solo la performance in questione ma l'intero festival che ha visto gli "zombie" rianimarsi per fare gli ultimi giganti cerchi prima di rompere i ranghi. Almeno fino alla prossima edizione.

 

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