John Mayall - 85th Anniversary Tour
28/03/19 - Auditorium Parco della Musica, Roma


Articolo a cura di Federico Falcone
Cinque secondi. Tanto è bastato a John Mayall, "The Godfather of blues" per conquistare il pubblico capitolino accorso in massa alla tappa romana di questo nuovo tour tricolore. All'interno della sala Petrassi dell'Auditorium Parco della Musica è andato in scena più di un semplice concerto; è stato, a tutti gli effetti, un appuntamento con la storia, con il blues d'autore e con la caparbietà di un musicista che non vuole saperne di arretrare dinanzi all'inevitabile incedere del tempo. Una leggenda vivente, Mayall, che con l'entusiasmo di un ragazzino alle prime armi ha rapito una platea che non ha mai staccato gli occhi dal palco, attenta a ogni singolo passaggio eseguito dal bluesman inglese e letteralmente sconvolta (in senso assolutamente positivo, beninteso) dalla classe del vecchio leone britannico, oggi ottantacinquenne. Ma andiamo con ordine.

 

Ad aprire lo show ci ha pensato Francesco Piu, musicista proveniente da Sassari che, vestito "alla Blues Brothers", ha scaldato a dovere i presenti a suon di colpi di blues, funky e rock acustico. Il compositore sardo ha da poco dato alle stampe il nuovo album "Peace &Groove" e quale miglior modo di farlo conoscere al grande pubblico se non quello di proporlo durante un tour da spalla a uno tra i musicisti più idolatrati del genere? Inoltre, e questo vale per i più curiosi, Piu aprì già un concerto per Mayall: era il 2004 ed entrambi si esibirono al Narcao Blues Festival in Sardegna. Un set breve che ha messo in luce l'indiscutibile talento del cantante e chitarrista italiano, capace di tenere il palco con personalità, dando, inoltre, dimostrazione di divertirsi facendo ciò che più ama e che, probabilmente, gli riesce meglio. In una nazione come la nostra, che pecca un po' troppo di esterofilia, dargli più di una semplice possibilità è cosa buona e giusta. Davvero una piacevole scoperta.



Dopo un rapidissimo cambio palco si spengono le luci (già abbastanza soffuse, a dire il vero) e viene annunciato l'headliner della serata, John Mayall. Il nativo di Macclesfield, in giro per l'Europa a promuovere il nuovo disco "Nobody Told Me", appare subito in gran forma. Dopo aver presentato i membri della band, apre le danze con "Oh, Pretty Woman", tra gli applausi e le grida di incitamento dei suoi numerosissimi supporters. La classe del musicista britannico è cosa nota a tutti, esattamente come quella del bassista Greg Rzab (può vantare collaborazioni con Buddy Guy, The Black Crowes, Gov't Mule e numerosi altri), del batterista Jay Davenport (un metronomo vivente) e soprattutto della chitarrista Carolyn Wonderland, capace, in più di una circostanza, di rubare la scena al vero protagonista della serata. Oltre a una perizia tecnica e strumentale di assoluto rilievo, va sottolineata la capacità di reggere il palco con incredibile serenità e naturalezza. Si è fatta apprezzare anche per le buonissime qualità vocali, come nel caso dell'esecuzione di "Nobody's Fault But Mine" di Blind Willie Johnson, sicuramente tra i pezzi più applauditi dell'intera serata. Vengono proposte "I Feel so Bad", "Early In The Mornin'" (cover di Louis Jordan and his Tympany Five), "Gimme Me One More Day" e la sensazione è quella di ritrovarsi all'interno di un vero e proprio viaggio nella storia del blues. C'è spazio per il solo di basso di Rzab e di batteria di Davenport, ma le attenzioni sono tutte per il leone inglese che dietro le due tastiere (rigorosamente Hammond e Roland) se la canta e se la suona, per usare un'espressione tanto cara da queste parti.
 
mayall 

 

La sua è una missione che va avanti da 60 anni: portare il blues in giro per il mondo, farlo conoscere alle nuove generazioni, entusiasmare i fan che lo seguono dai tempi dei Bluebreakers (ma anche prima, diciamoci la verità) e trasmettere al pubblico la grinta, la passione e l'amore incondizionato per un genere musicale che fa della spontaneità e dell'istinto le sue armi principali. Il tempo corre e c'è spazio anche per un simpatico siparietto. John, ormai totalmente rapito dagli Dei del blues, non sa più che ore sono, quante canzoni ha eseguito e quanto ha ancora a disposizione prima di chiudere lo show. Rzab lo deride accusandolo di aver perso troppo tempo negli assoli di chitarra e lui, da vero inglese, lo guarda stizzito, non fa una piega e riprende a suonare. Le straripanti "Chicago Line" e "Congo Square" chiudono un concerto che resterà a lungo negli occhi e nelle orecchie dei presenti in sala. Entusiasmante, coinvolgente e di pregevolissima fattura. John Mayall, signori miei, la storia.



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